Shockdom ha pubblicato a fine ottobre scorso il meraviglioso (psichedelico, conturbante, fantascientifico) fumetto di Lorenzo Palloni e Alessandro “Martoz” Martorelli
Quando Marcuse nel 1964 parlò di “immaginazione al potere” gli diede il significato di voglia di pensare a un mondo nuovo, diverso dal precedente, e questo è appunto quello che accade nelle pagine del fumetto di Palloni e Martoz, entrambi vincitori nel 2016 dei premi Carlo Boscarato, rispettivamente come Miglior Sceneggiatore Italiano e come Autore Rivelazione.
Lo abbiamo sperimentato di persona, ogni volta che immaginiamo un mondo alternativo al nostro, che ne pensiamo gli scenari, per gioco o per lavoro, creiamo mondi nuovi, ne delineiamo i confini e diamo loro delle regole.
Questo è quello che fa il protagonista di questa storia, Owen Theobart. Lui, al pari di Lorenzo Palloni e Martoz, inventa in maniera compulsiva, per lavoro, delle storie e le mette su carta, imprigionandole.
Ma andiamo per gradi.
Sono gli anni settanta, uno dei momenti più fertili per la fantascienza
Owen Theobart (graficamente reso volutamente con le fattezze di Ray Bradbury, uno dei massimi esponenti della fantascienza) ha cinquant’anni, una moglie magnifica, cinque figli ed è il più famoso scrittore di fantascienza del mondo: i suoi libri e i suoi fumetti sono venduti, letti e amati in tutto il pianeta.
La sua vita sembra perfetta, almeno fino a quando, durante un’intervista televisiva, Owen viene quasi ucciso da un superumano di nome Oktakon e salvato da altri, tutti mascherati, che si fanno chiamare The Power Ones.
C’è un solo problema in questi fatti: la magia, i superpoteri, il paranormale, nel nostro mondo semplicemente non esistono.
Quindi chi sono questi esseri?
Mentre gli avvistamenti degli stessi superumani si moltiplicano portando devastazione in tutto il pianeta, Owen cade in una profonda crisi e confessa alla moglie Jocelyn ciò che non ha mai detto a nessuno: è da quando ha memoria che non può smettere di scrivere, letteralmente. Infatti ogni storia che immagina, dalla più semplice alla più catastrofica, se non viene scritta si avvera nel giro di pochi secondi. Owen non ha potere su ciò che immagina, è solo un tramite. Quei personaggi devono essergli sfuggiti, chissà come, e ora non sa come risolvere la situazione.
Questa è l’idea che sta alla base del fumetto.
La parola, l’immaginazione racchiusa in essa, che prende forma, corpo e sostanza e senza controllo si materializza, in questo caso, in maniera caotica e violenta, terribile e famelica.
La naturale pulsione del narratore è quella di esternare nella scrittura i propri demoni interiori, le proprie aspettative, per dar loro forma e sostanza, mostrandole al mondo in un momento di massima catarsi. Nel caso di Owen questo diventa una questione di sopravvivenza pura, momento di sanità mentale continuata perché se lui non dovesse scrivere, in ogni momento, su qualsiasi supporto, quello che la sua inarrestabile immaginazione gli fa balenare per la mente, questa diverrebbe reale.
Con tutte le conseguenze del caso.
Questa è la sua vita, il suo incubo personale.
Quando questo incubo diventa realtà inizia per lui (e per tutti) la vera discesa all’inferno, un luogo non più immateriale e mentale ma reale e tangibile come può esserlo un amico ucciso o la tua città distrutta.
Specularmente rispetto al narratore che potremmo definire normale, per Owen la salvezza sarebbe quindi rappresentata dalla perdita dell’immaginazione, dall’interruzione di questo flusso costante e inarrestabile che fa di lui il più prolifico e affermato narratore fantastico del mondo. Ma questo significherebbe dormire per sempre, unico momento in cui la sua fantasia ha un freno. Oppure morire. E questo proprio lui non può farlo. Quasi come fosse un segno del Destino, i personaggi di fantasia diventano reali quando lo scrittore di fantascienza approda al mondo del fumetto.
“…Quel media che è parole e immagini insieme, in un’armonia plastica che riesce a trasportare il lettore oltre la propria già infinita possibilità di immaginare.”
Prima che il mondo scivoli giù per la china della follia, Owen afferma che “il concetto è: creare, produrre, annienta il reale, lo mette in imbarazzo. Rende risibile la struttura stessa dell’esistenza, la aggira.”
Il resto del racconto, da un punto di vista concettuale, procede lungo questo binario ma Palloni non dimentica mai per un solo istante che ci sta raccontando una storia, per quanto distopica. Insiste nei dettagli, cura minuziosamente i personaggi, li plasma e ce li mostra nella loro completezza di nevrosi, paure, odio, speranze. Tratteggia un mondo plausibile nella sua spaventosa mescolanza di infiniti universi e imperscrutabili divinità, di paradossi e attenti incastri senza mai perdere il filo narrativo.
Questa narrazione procede lungo tutte le 244 pagine del volume tra colpi di scena e rivelazioni inaspettate.
Nel dipanarsi di questa trama, Palloni ci mette davanti alle reazioni di Owen. Mette in discussione il suo rapporto con la famiglia, con il padre, lo piazza davanti alle proprie paure, gli egoismi e alle proprie responsabilità. Non solo quelle verso i propri cari ma verso il mondo, il creato, costringendolo infine a prendere piena coscienza di se.
Non è un caso che il protagonista di questo racconto distopico abbia quindi le fattezze di Ray Bradbury, scrittore di fantascienza tra i più grandi di ogni tempo (Cronache marziane non dovrebbe suonarvi come un titolo estraneo) e artefice di distopie memorabili come Fahrenheit 451.
Pare che ci siamo scordati di Martoz, in quest’analisi.
Al contrario. Niente di quanto scritto sino ad ora avrebbe avuto lo stesso peso, la stessa incisività, lo stesso impatto se l’artista che ha dato volto, segno, vita alla storia scritta da Palloni non fosse stato Martoz.
Owen non ha una psiche tranquilla, non ha una stabilità mentale solida, tutt’altro, è nevrotico, scorbutico, sopra le righe. Il segno di Martoz rende alla perfezione tutti questi aspetti del personaggio.
Quando l’irrealtà immaginifica sfonda la sottile parete della realtà quotidiana lo stile grottesco di questo illustratore diventa fondamentale.
Prospettive assurde, anatomie incoerenti, visi deformati ad esprimere sempre le emozioni violente e vivide dei protagonisti, tecnica e stile di disegno che amalgamano psichedelia anni ’60/’70 e Frigidaire, Sironi e Picasso ma che mai, neanche per un singolo istante, ci lasciano uscire dal mood della storia. Martoz può piacere o meno, come tutto a questo mondo, ma nessun dubbio che lui sia l’unico che avrebbe potuto disegnare Instantly Elsewhere.
Questa scelta, fatta in perfetta incoscienza cosciente da parte di Lorenzo Palloni da la misura di quanto il progetto sia lontano da un target commerciale. Autoriale è spesso una parola abusata, ma in questo caso calza a pennello a un progetto fortemente voluto in questi termini. Instantly Elsewhere è stato pensato e realizzato senza sconti ad una facile fruibilità anche grafica. È passato attraverso un inconcludente crowdfunding quindi è approdato sempre senza sconti in Shockdom che invece ci ha creduto, lo ha allestito e infine distribuito.
Un’opera a cui vi diciamo chiaro e tondo di dare una chance, di affrontarne la lettura senza preconcetti e della quale godersi ogni singola pagina perché, per parafrasare l’editore di Owen, “ci siamo soltanto noi e le storie. Nient’altro esiste, per quelli come noi.”
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