Finalmente ci siamo. Dopo oltre venti giorni dalla sua uscita, anche noi di NerdPool finalmente ci apprestiamo ad esprimere il nostro giudizio sull’ultima fatica dei ragazzi polacchi di CD Projekt RED, il tanto atteso Cyberpunk 2077. Basato sul gioco di ruolo cartaceo Cyberpunk 2020 creato negli anni ’80 da Mike Pondsmith, questo RPG open world in prima persona è senza ombra di dubbio il progetto più ambizioso dello studio europeo. Scoprite insieme a noi se gli obbiettivi del team sono stati centrati o meno.
Innanzitutto è doveroso fare una premessa: è vero che siamo giunti con la nostra recensione in pesante ritardo rispetto a molti altri colleghi, ma abbiamo preso la decisione di sviscerare il titolo con la massima calma, inoltre considerando le pessime condizioni tecniche con cui si è presentato il gioco al lancio sulle console old-gen (lo abbiamo analizzato su Xbox One X, sì la più potente delle console della passata generazione, ma comunque sempre appartenente ad essa) abbiamo convenuto che fosse il caso attendere almeno i primi correttivi atti a migliorare la situazione, potendo così concentrarci sul gioco in sé, analizzando e giudicando l’opera per il suo valore intrinseco e non per la mera resa su console (aspetto comunque tenuto in considerazione e che avrà il suo peso).
Detto questo vi lasciamo alla nostra recensione di Cyberpunk 2077, uno dei titoli più attesi degli ultimi 10 anni!
Wake up Samurai, we have a city to burn!
Cyberpunk 2077, per chi avesse vissuto su un altro pianeta nel corso dell’ultimo anno e mezzo almeno, è un RPG open world in prima persona. Come tale ovviamente è legato ad alcuni aspetti imprescindibili per il genere, ovvero un sistema di crescita e miglioramento del proprio alter-ego virtuale basato su statistiche e parametri ben precisi, che vanno ad interessare attributi, abilità , talenti e persino ogni aspetto delle armi e degli oggetti equipaggiati.
Un altro elemento degli RPG è costituito dal sistema di quest e sotto-quest che vanno a costituire la campagna di gioco, creandone la narrativa e trascinando il giocatore per le decine di ore necessarie a completare i vari incarichi. La scelta su come avanzare di livello e creare la propria build ci darà la possibilità di affrontare le quest utilizzando più approcci differenti.
All’inizio del gioco dovremo creare e modellare il nostro personaggio, scegliendone l’aspetto, la voce (tra maschile e femminile, così come la corporatura), che non andrà necessariamente a definire il sesso del nostro V (il nome del nostro protagonista, unico elemento non modificabile) in quanto sarà possibile dare una voce femminile ad un corpo maschile e viceversa, sarà possibile addirittura selezionare attributi sessuali maschili o femminili indipendentemente dalla corporatura scelta (la visualizzazione e selezione delle parti intime così come la nudità dei personaggi è censurabile tramite un’opzione apposita nel menu del gioco).
Durante la creazione del nostro V dovremo scegliere anche una delle tre possibili origini per la nostra storia: nomad, street kid e corporate. La selezione di una particolare origine cambia di fatto in maniera radicale le primissime fasi di gioco, ma purtroppo non impatta quanto avremmo sperato lo svolgimento della campagna principale, dove tutte e tre le storie di partenza vanno a confluire piuttosto in fretta, relegando di fatto queste diverse origini ad un fatto personale puramente interpretativo.
Mercenario sei e mercenario sarai
Inizia così il lungo prologo/tutorial di Cyberpunk 2077, che ci introduce alla vita a Night City nell’anno 2077, una città tentacolare altamente stratificata e diversificata nei vari distretti, dal centro fino alle aride badlands esterne alla città stessa, dove ad esempio parte l’avventura nel caso si scelga di essere un nomade.
Il prologo può arrivare a durare anche una decina di ore, nel caso si volesse dedicare del tempo anche a svolgere qualche attività secondaria. Nella sua componente narrativa, oltre che nella costruzione del mondo di gioco, Cyberpunk 2077 dà il meglio di sé, la scrittura è sopraffina e le tematiche affrontate, dal transumanesimo alla dipendenza dalla tecnologia, con diversi altri temi cari alla corrente cyberpunk ma in qualche modo resi estremamente attuali nella realtà di oggi, rendono giustizia all’immaginario creato da Pondsmith.
Il mondo di gioco per costruzione poi è davvero meraviglioso, ogni ambiente, interno ed esterno, è curato in maniera maniacale, senza quasi mai ricorrere ad asset riciclati, cosa piuttosto comune in open world così grandi. Luci al neon, vicoli umidi pieni di sporcizia, che fanno da contraltare ai megaedifici delle corporazioni, mastodontici grattacieli hi-tech che dominano, letteralmente, la città .
La diversificazione delle varie zone della città rende davvero l’idea di quante culture, filosofie e realtà diverse convivono in questa metropoli cosmopolita schiavizzata dalla tecnologia, dalle corporazioni che hanno messo in ginocchio persino il governo americano e dalla voglia di elevarsi, di evolvere l’umanità e fortificarla, la quale cozza inevitabilmente con la natura fin troppo fragile dell’essere umano, che cedendo alle debolezze alimenta il decadimento di questa società ormai corrotta.
Quando l’illusione si infrange
La splendida realizzazione del mondo di gioco, unita alla narrazione di alto livello che muove la storia di V (con il surplus della partecipazione di uno straordinario Keanu Reeves nel ruolo di Johnny Silverhand, un personaggio chiave spesso presente durante la campagna), purtroppo da sole non bastano a rendere Cyberpunk 2077 il capolavoro che tutti speravamo: purtroppo il gioco, seppur ottimo sia ben chiaro, mostra il fianco ad una serie di elementi che purtroppo non sono stati rifiniti a dovere, a tratti quasi per niente sviluppati, che rendono in parte l’esperienza frustrante.
Se da un lato abbiamo come detto un mondo curato in ogni minimo dettaglio, una storia ben scritta con una varietà considerevole di quest secondarie che si intrecciano con la trama principale, rendendola qualcosa di unico nel panorama videoludico odierno, dall’altro lato evidenti problemi come bug, glitch ed elementi molto meno curati dal punto di vista ludico rendono l’operazione riuscita a metà .
Il difetto più grande dell’opera è a nostra opinione l’intelligenza artificiale, davvero al di sotto degli standard minimi delle produzioni di questa generazione (e anche di quella precedente ad essere onesti): stiamo parlando di qualsiasi npc che non abbia un ruolo di rilievo durante le quest, che quindi risulta scriptato a dovere, tutti gli altri non hanno praticamente alcuna routine comportamentale, i passanti per strada camminano senza una meta e non reagiscono alla nostra presenza in alcun modo, se non quando sfoderiamo un’arma e spariamo un colpo, a quel punto va ancora peggio, tutti i passanti si abbasseranno contemporaneamente e scapperanno via senza alcuna logica, spezzando di colpo la sospensione dell’incredulità .
Per non parlare poi della polizia: nel caso si commetta un crimine che ci faccia entrare nello status di ricercati, la polizia letteralmente spawnerà vicino a noi, come teletrasportandosi, per darci la caccia, creando situazioni tragicomiche e bug a dir poco esilaranti, come agenti che spawnano incastrati in mezzo ai muri, o dentro edifici anche se noi stiamo bloccando l’unico accesso disponibile. Durante le missioni poi i nemici che affronteremo non avranno alcuna strategia per sconfiggerci, limitandosi a usare qualche copertura per proteggersi dai nostri colpi e poco più.
Un male necessario?
L’IA è solamente uno degli aspetti davvero poco sviluppati di Cyberpunk 2077. La gargantuesca mole di contenuti presente nel titolo ha fatto sì che il team, sì grande ma non ancora ai livelli dei più grandi colossi dell’industria, abbia dovuto fare delle scelte e sacrificare parte dello sviluppo per riuscire a pubblicare il gioco entro la fine del 2020 (dopo ben cinque rinvii nel corso dell’anno).
In particolare il problema dell’intelligenza artificiale limita quella che è una delle prerogative di un buon RPG, ovvero l’efficacia di una build rispetto ad un’altra e il divertimento di utilizzare un tipo di abilità rispetto ad un altro. Lo stealth risente in particolar modo della “stupidità artificiale” nemica, e anche il combattimento a viso aperto non permette di sfruttare strategie, abilità o armi differenti in maniera sufficientemente appagante.
Un altro aspetto poco curato è la mancanza di vere e proprie attività accessorie che esulino dalle missioni principali, secondarie o incarichi (vere e proprie fetch quest create apposta per far “menare le mani” al giocatore, che per conto della polizia può sgominare piccole gang di strada in situazioni generate proceduralmente). Manca un passatempo come il Gwent di The Witcher 3, per citare un altro titolo di CD Projekt RED, oppure luoghi semplici come un barbiere per poter anche solo marginalmente cambiare il proprio aspetto, il quale rimarrà invariato dall’inizio alla fine del gioco dopo la creazione del personaggio.
Ovviamente non tutto è da buttare a livello di gameplay, sia chiaro, il sistema di combattimento con le armi da fuoco è più che buono, anche se forse non ottimamente bilanciato, quello corpo a corpo non è altrettanto curato ma risulta comunque meglio di quanto poteva sembrare dalle anteprime e dai filmati precedenti all’uscita; il sistema di loot, che poteva rappresentare un grosso problema per un RPG qualora non fosse stato all’altezza, è ben strutturato e implementato e la progressione del personaggio, al netto di un’interfaccia a volte confusionaria e rivedibile, è ben strutturata e parametrica quanto basta per mandare in brodo di giuggiole il più incallito smanettone di giochi di ruolo.
In linea di massima i pregi e i punti di forza del gioco superano i, seppur in certi frangenti grossi, difetti di quello che è comunque un colossal a dir poco ambizioso nel suo genere, e questo è bene chiarirlo. C’è poi anche da considerare che il supporto post-lancio, al momento dedicato più che altro a correggere i glitch più fastidiosi e a migliorare stabilità e prestazioni sulle console meno potenti, potrebbe più avanti rifinire quegli aspetti meno raffinati come IA, bilanciamento e attività collaterali, perfezionando un titolo che ha un potenziale sicuramente enorme da poter esprimere.
La questione tecnica
Arriviamo alla parte veramente dolorosa di questa recensione, quella dedicata al comparto tecnico, che sin dal lancio ha catalizzato l’attenzione del mondo intero, generando polemiche (forse eccessive, ma non troppo), malcontento e gesti estremi come la rimozione, temporanea, del gioco dal PlayStation Store. Partiamo con il presupposto iniziale che Cyberpunk 2077 è un gioco PC, concepito per quella piattaforma che ha rappresentato la base per l’intero sviluppo.
Con questo non stiamo assolutamente difendendo l’operato di CD Projekt RED in merito a come il gioco è stato rilasciato su PS4 e Xbox One standard, sia ben chiaro, è solo per puntualizzare dove il team polacco ha concentrato maggiormente i suoi sforzi durante lo sviluppo del titolo. Come ormai tutti saprete sulle console della ormai vecchia generazione al lancio CP2077 aveva prestazioni davvero agghiaccianti, con framerate instabile che a volte scendeva sotto i 15fps, texture e modelli che caricavano con ritardi insostenibili e continui crash del software.
CD Projekt stessa si è impegnata a garantire un costante supporto agli aggiornamenti, con il chiaro obbiettivo di risolvere questa incresciosa situazione, e nel momento in cui scriviamo siamo arrivati a scaricare e testare fino alla versione 1.06. Noi come accennato in apertura abbiamo analizzato la versione Xbox One X del titolo, e provandolo fin dalla versione 1.02, disponibile al day one, non abbiamo mai riscontrato grossi problemi: sulla mid-gen di casa Microsoft il gioco si comporta piuttosto bene, con un framerate accettabile che regge bene i 30fps e una qualità grafica decisamente buona, ma abbiamo comunque notato i miglioramenti in quanto a stabilità e aumento della densità della popolazione in giro per la città .
Graficamente ci troviamo di fronte ad un titolo chiaramente next-gen, da qui gli enormi problemi prestazionali sulle console vecchie di ormai quasi otto anni. Non vogliamo entrare nel merito di polemiche, questioni etiche e legali in quanto siamo in questa sede a recensire il gioco per quello che è, con i suoi bug e i suoi problemi ma in una forma comunque giocabile e godibile in questo momento più o meno da tutti.
Il comparto audio è, al pari di quello grafico, di altissimo livello, con musiche azzeccatissime, effetti sonori di ottima fattura, e una menzione speciale va fatta all’ottimo doppiaggio italiano, con voci e interpretazioni quasi perfette per tutto il cast vocale nostrano, con la chicca di avere Luca Ward a doppiare il personaggio di Keanu Reeves, essendone la storica voce ufficiale italiana. Da menzionare anche la presenza di un perfetto lip-sync presente in ognuna delle localizzazioni vocali del gioco, grazie ad un software apposito implementato dal team di sviluppo.
La longevità è decisamente ottima, con la campagna principale completabile volendo anche in meno di 30 ore, ma vivendo appieno Night City e immergendosi nel suo mondo e nelle sue storie si possono tranquillamente raggiungere e superare anche le 100 ore di gameplay. In definitiva noi promuoviamo a pieni voti la mastodontica e ambiziosa opera di CD Projekt RED, ma con alcune perplessità e qualche remore in merito ad IA, bilanciamento dell’esperienza e implementazione mancata di qualche feature, che speriamo possano essere difetti risolvibili grazie a future patch e magari a qualche DLC (si spera gratuito). Non fatevi scoraggiare dalle polemiche attorno al gioco e dategli una chance se amate questo tipo di atmosfera e i giochi di ruolo fortemente narrativi e ben scritti, non rimarrete delusi da Cyberpunk 2077.
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