Elogio del mangiare con le mani è un pamphlet che analizza l’importanza del nutrirsi toccando il cibo, dunque, sfruttando uno dei cinque sensi, fondamentale per mettersi in contatto con ciò che proviene dalla Terra. Pubblicato da Il Saggiatore, è un’opera del critico enogastronomico Allan Bay.
Trama
Prima di entrare nel vivo della questione alimentare e dell’importanza dell’esperienza sensoriale, lo scrittore ci parla della sua adolescenza e di quando iniziò la sua passione per questo mondo.
A sedici anni scoprì “il piacere del mangiare nei buoni ristoranti” grazie alla madre, in concomitanza al desiderio di saper cucinare, laddove la madre era negata. Comprò, allora, L’Arte della cucina moderna di Henri-Paul Pellaprat del 1935 e, da quel momento, la sua tecnica nel campo migliorò notevolmente.
Fu in tal modo che si avvicinò al mondo dell’editoria enogastronomica e iniziò a studiare come la gente mangiava.
È lo stesso Allan Bay a raccontarci della struttura della sua opera, divisa in cinque capitoli ognuno dei quali si conclude con un excursus tra le pietanze caratteristiche di determinati luoghi del mondo, dall’America all’Asia, passando per l’Europa, il Medio Oriente e la Nuova Zelanda, con le loro peculiarità e storie.
Il capitolo 1, molto teorico, passa in rassegna la preziosa tecnica del mangiare con le mani, dai primordi fino all’affermazione e diffusione della forchetta, con una breve storia sulle posate e il loro significato intrinseco.
La validità del mangiare con le mani è resa tale dalla messa in gioco di tutti i sensi di cui disponiamo, da quelli più scontati come il gusto e l’olfatto, a quelli che lo sono meno come l’udito e la vista: un piatto ben impiattato ha la sua importanza sul suo gradimento e la croccantezza delle patatine sarà sicuramente indice di un gusto eccellente.
Fra tutti i sensi, poi, è il tatto quello su cui insiste l’autore perché dà al cibo un gusto “più godurioso e saporito” (si prende in esame la coscia di pollo afferrata con le mani e addentata) e permette di connetterci a livello cerebrale a un tempo remoto in cui l’esigenza principale era la sopravvivenza.
Tale contatto si è perduto con l’introduzione della forchetta e del coltello (si esclude il cucchiaio perché è l’unico strumento per nutrirsi di cibi liquidi) che danno all’uomo un approccio al cibo più brutale. A tal proposito, Bay attinge dal libro di Jun’ichiro Tanizaki intitolato Libro d’ombra che parla della differenza tra l’uso delle bacchette che si fa in Oriente e quello della forchetta; le prime accolgono il cibo senza spezzarne l’unità, la forchetta lo aggredisce rompendone la bellezza estetica.
Ma quando abbiamo iniziato a usarle, se (età primitiva a parte) dai Greci ai Romani, dal Medioevo all’età moderna, l’uomo ne ha sempre fatto a meno? A quanto pare, una prima forchetta a due rebbi fu usata già in Cina nel IV secolo, ma la messa a punto, per le nobildonne Theophania o Maria Argyropoulina, fu bizantina. Dal XVI secolo fu utilizzata in Francia da Enrico III e, dal 1715, usata definitivamente al posto delle mani.
Il capitolo 2 entra nel vivo di tale teoria e passa in rassegna i cibi che si possono (e devono) mangiare con le mani e quelli per cui risulterebbe impossibile, come brodi e zuppe. Tra i primi, resistono i salumi e i formaggi, la frutta e i dolci al cucchiaio, la pizza e il pane. Sono compresi anche i panini farciti ovviamente, ricordando che John Montagu, IV conte di Sandwich, pretese l’invenzione di qualcosa che potesse mangiare senza smettere di giocare a carte o a golf.
Dal momento che Allan Bay è anche un ottimo buongustaio amante della buona cucina e specializzato in gastronomia, approfitta di questo capitolo per parlare dei principali condimenti come spezie, olio e sale.
Il capitolo 3 si presenta molto più personale, perché Bay racconta i principali piatti che è solito mangiare con le mani attraverso venti storie. Si parla della scoperta del baccalà alla vicentina, della cotoletta alla milanese, delle escargots e delle rane, dello zampone e della fiorentina.
Tra gli aneddoti degni di memoria, sicuramente quello che riguarda la carcassa d’anatra. Un giorno, Bay ricevette la telefonata dello chef Agie Zhou che lo metteva al corrente di aver aperto un nuovo ristorante e che gli avrebbe fatto assaggiare la sua speciale carcassa di anatra. Bay non sapeva nemmeno che si potesse mangiare (o meglio, succhiellare) e come fu preparata gli fu spiegato dopo averla gustata: gli ossi furono spezzati e scaldati ad altissima temperatura con zenzero, alloro e pepe di Sichuan. Da allora, ogni volta che Bay compra l’anatra, ne cuoce petto e cosce e prepara in questo modo ciò che ne resta.
Il capitolo 4 si concentra sul grande potere del cibo di unire persone, anche diverse tra loro, attorno a una tavola imbandita, durante pranzi e cene di famiglia. E famiglie sono anche quelle a cui appartengono i singoli alimenti: arrosti, carpacci, conserve, dolci, fritti, frutti di mare, pane, pasta, ravioli, riso, tartare e uova sono macrogruppi entro cui la varietà di pietanze è innumerevole. Per ogni categoria, Bay racconta delle storie particolari, come quella che riguarda le patate, mai menzionate nella Bibbia e, dunque, associate al Demonio. Per altre tipologie ci fornisce, invece, dati statistici sul loro consumo: noi italiani, a quanto pare, siamo i più accaniti consumatori a livello mondiale di pasta, con ventitré chili annui pro capite.
Infine, il capitolo 5 descrive i piatti che egli stesso, coadiuvato dalla chef polacca Marcelina Car, ha inventato per essere mangiati con le mani, con la speranza di offrire nuovi spunti e convincere la gente a recuperare tale primordiale pratica.
Ogni amante della cucina è un latente sperimentatore che non può resistere al richiamo della combinazione di più ingredienti fra loro, ma non solo. I tentativi riguardano anche i diversi metodi di cottura, con la sonda, a vapore o con la cbt.
Durante la stesura di questo libro, Bay si mise in contatto con la Car e, insieme, decisero che avrebbero dovuto inserire qualche ricetta da loro inventata. L’ultimo capitolo del saggio è dedicato idealmente all’inventore del vitello tonnato che, forse, rappresenta la sperimentazione più ardita nella storia della cucina.
Il “viaggio” è articolato in quattro intensi giorni trascorsi a Milano, durante i quali i due hanno messo a punto ricette particolari a base di fegato grasso impanato nel panko e intinto in una salsa a base di melograno, frattaglie di ogni tipo accompagnate da una besciamella arricchita con del cheddar grattugiato, skrei (uno dei merluzzi più pregiati) con salsa catalana a base di peperoni, pomodori, sedano, carote, cipolle, funghi secchi e Sherry.
“Il nemico di noi mangiatori con le mani è la forchetta”
Recensione
Il saggio si presenta scorrevole e solo apparentemente disordinato, come l’autore ama definirlo. In realtà, leggendolo, è chiaro che la narrazione segua un perfetto e lineare filo logico. Si va, infatti, dagli albori dell’esistenza umana ai tempi più recenti, per capire in che modo il nostro approccio al cibo si sia evoluto.
L’obiettivo dell’autore è quello di spiegarci quanto sia naturale mangiare con le mani per due motivi principali: recuperare l’essenza ancestrale di noi stessi, perduta con il fantomatico avvento della civilizzazione, ed entrare in contatto vivo con quanto la Terra produca e l’uomo manipoli in cucina per trasformarlo e a tavola per gustarlo.
Il cibo supera il concetto di sopravvivenza, dal momento che è anche un lusso con cui sperimentare a 360 gradi, seppur ciò non valga certamente per la totalità del Mondo: gli ingredienti si accostano tra loro su precise regole chimiche che, talvolta, possono essere rovesciate in nome della sperimentazione e degli errori (non è una novità che molti piatti famosi siano nati dallo sbaglio), quindi che si faccia largo alle prove.
Un’ampia parte dell’opera è dedicata alle ricette, non solo assaggiate, ma anche create dallo stesso Bay in collaborazione con amici chef, il che la rende un ottimo compendio per conoscere le pietanze caratteristiche di diverse Nazioni.
La sua lettura vi farà guardare al contatto con il cibo in maniera diversa e lo svincolerà dall’accezione barbara e incivile che ha acquisito con il passare dei secoli. Scoprirete che mangiare con le mani è più di quanto possa sembrare, che anche i nobili erano affiliate a tale pratica e che le posate possono essere utensili superflui.
Il libro può essere fruito da ogni tipo di lettore, dai cultori della cucina appassionati di ricette, agli studiosi di antropologia alla ricerca di approfondimenti sulla specie umana da una prospettiva particolare, quella del cibo e del modo di nutrirsi.
Corredato da fotografie a colori, ogni sezione è divisa da una impaginazione cromaticamente allegra e vivace che richiama utensili propri dell’arte culinaria, rimandando a vecchi ricettari degli anni Ottanta.
Dal lavoro prettamente narrativo all’attenzione a dettagli di questo tipo, emerge chiaramente la passione che muove Allan Bay nella direzione del cibo che è, non soltanto una passione da assaporare e gustare, ma una vera e propria arte da studiare in ogni sua sfaccettatura.
Il libro potete trovarlo QUI
L’Autore
Allan Bay è nato a Milano nel 1949 ed è critico, scrittore e giornalista enogastronomico. Ha collaborato con il Corriere della Sera e tra le sue opere ricordiamo Cuochi si diventa (2003) e la Garzantina della Cucina (2010). Per Il Saggiatore ha già pubblicato Nuova cucina italiana, in collaborazione con Paola Salvatori, nel 2021.
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