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Ghost of Tsushima: la nostra recensione

A due anni di distanza dall'annuncio ufficiale, Ghost of Tsushima è finalmente arrivato sugli scaffali. Sucker Punch sarà riuscita a creare un gioco all'altezza delle aspettative? Scopritelo nella nostra recensione.

Fin dal suo annuncio all’E3 2018, Ghost of Tsushima ha catturato la nostra attenzione per via di un mix di elementi assolutamente irresistibile. Infatti, se prendete il Giappone feudale, i samurai e ci aggiungete una direzione artistica fuori parametro, il risultato avrà per forza un potenziale straordinario, tant’è che inizialmente il nostro hype ha raggiunto livelli inimmaginabili. Tuttavia questo fervore si è presto affievolito: in questi due anni GoT è stato mostrato solo una manciata di volte, per di più lo State of Play dedicato – dello scorso maggio – non ci ha convinti appieno e anzi, ha fatto sorgere in noi svariati dubbi.

Il nostro timore era infatti che i ragazzi di Sucker Punch non fossero stati in grado di realizzare un sistema di combattimento soddisfacente e che le attività dell’open world si rivelassero insipide. Tali dubbi però sono stati spazzati completamente via non appena abbiamo potuto mettere le mani sul gioco. Pertanto, nel corso di questa recensione vi spiegheremo perché Ghost of Tsushima è un’esclusiva degna della vostra attenzione.

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L’orgoglio del samurai

Come potete intuire, il titolo è ambientato a Tsushima, un’isola che si frappone tra l’attuale Corea del Sud e la parte inferiore dell’arcipelago giapponese. Le vicende hanno luogo – presumibilmente nel 1274 – durante la prima invasione mongola e veniamo messi nei panni di Jin Sakai, ultimo superstite del clan Sakai. Nelle battute iniziali vediamo un gruppo composto da circa ottanta samurai pronti a combattere contro un vero e proprio esercito. Purtroppo le speranze di vittoria sono inesistenti, e viene subito messo in chiaro che il coraggio non basta per sconfiggere un nemico di tale portata. Difatti, i mongoli vengono presentati come un popolo brutale, spietato e privo dell’onore che caratterizza i soldati giapponesi. L’inizio della battaglia è scatenato dall’improvvisa uccisione di Lord Adachi, inviato sul fronte nemico per chiedere la resa: da quel momento si sussegue uno scontro a senso unico.

I samurai vengono presto schiacciati dall’incredibile potenza mongola, ciò nondimeno Jin e – lo zio – Lord Shimura riescono ad avvicinarsi a Khotun Khan. L’unica speranza di porre fine all’invasione è quella di sconfiggere il leader mongolo, sfortunatamente i due vengono travolti da un’esplosione, e mentre Jin giace a terra esanime, Lord Shimura viene catturato dal Khan. L’azione riprende dopo la battaglia e grazie all’intervento di una ladra chiamata Yuna, Jin riesce a sopravvivere. Quando questi scopre che lo zio è ancora vivo decide di dirigersi al castello di Kaneda, pronto a regolare i conti con il Khan.

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Il nostro riesce quindi a raggiungere Khotun ma – complici le sue condizioni – viene sconfitto. Fortunatamente il destino è dalla sua parte e riesce a salvarsi ancora una volta. Così ha inizio il nostro viaggio nelle terre di Tsushima, nel corso del quale dovremo trovare dei validi alleati per porre fine alla terribile minaccia.

Storie di oppressi

Sebbene la storia di Ghost of Tsushima non sia particolarmente complessa o originale, Sucker Punch è riuscita a rendere l’intera esperienza avvincente e appassionante grazie all’eccezionale caratterizzazione dei personaggi messi a schermo e all’immaginario realizzato. Quello di GoT è un mondo dominato dalla forza insormontabile dei Mongoli, intenzionati ad eliminare chiunque non voglia sottomettersi. È una realtà in cui sopravvive il più forte e dove i più deboli sono costretti ad obbedire per aver salva la vita. Ma l’obbedienza porta al tradimento nei confronti della propria gente e cultura.

In un contesto del genere – apparentemente senza speranza – Jin smette di seguire le regole, rinnega il codice d’onore e dà vita al suo gioco. Seguendo l’esempio di Yuna, decide di ricorrere a mezzi più subdoli, indispensabili per la riconquista dell’isola. Ciononostante un solo uomo non è sufficiente per spezzare le catene dell’egemonia mongola e questi capisce fin da subito che ha bisogno di alleati. Di conseguenza, abbiamo l’opportunità di incontrare diversi personaggi dotati di background interessanti, che ci assisteranno durante le battaglie principali.

Racconti di vita

Trai molteplici pregi di Ghost of Tsushima troviamo dunque storie di ogni tipo, che permeano l’intera produzione e che sono realizzate in modo egregio nonostante una struttura ludica non proprio ricchissima. Alla main quest – denominata Viaggio di Jin – si affiancano i Racconti di Tsushima e i Racconti mitici. Trai primi troviamo sia le questline dei nostri alleati come Lady Masako o Ishikawa sensei per citarne alcuni, che gli incarichi assegnati dagli abitanti.

Le differenze principali tra queste attività risiedono nella maggiore complessità dei racconti dedicati ai nostri compagni, strutturati in più missioni che risolveremo nel corso dell’intera avventura. I racconti restanti invece ci mettono faccia a faccia con le sventure della gente, attraverso storie semplici ma comunque intense. Quanto ai Racconti mitici, si tratta appunto di leggende raccontate dal bardo Yamato, relative a personaggi dotati di abilità straordinarie. L’ascolto di queste storie dà il via a missioni memorabili che portano all’ottenimento di tecniche speciali o equipaggiamenti unici.

Il team di sviluppo è quindi riuscito nell’arduo compito di contestualizzare ogni attività del gioco in modo simile a quanto fatto da CD Projekt con The Witcher 3. Il paragone con l’action RPG della casa polacca non si esaurisce tuttavia con la sola narrativa e vi troviamo una certa similarità anche nella struttura. Buona parte degli incarichi si basano infatti sulla ricerca di indizi, sui pedinamenti e gli immancabili combattimenti. Nonostante una certa ripetitività di fondo, ammettiamo di non esserci annoiati per merito dell’evoluzione di certe situazioni e della qualità della scrittura. In ogni caso, sul fronte del quest design si poteva osare di più.

Un’isola da liberare

Possiamo fare un discorso simile anche per la gestione dell’open world di Ghost of Tsushima, che propone una struttura classica ma per certi versi anomala. Se da un certo punto di vista abbiamo attività già viste in altri open world, l’impiego di alcune soluzioni eleganti, rende il tutto incredibilmente riuscito. Tanto per cominciare, l’interfaccia di gioco risulta particolarmente snella, senza indicatori che ci dicono dove andare. Per orientarci verso l’obiettivo non dovremo far altro che scorrere il dito sul touchpad verso l’alto e delle folate di vento ci indicheranno la strada da seguire. Questa trovata rende l’esperienza meno vincolata alla mappa e molto più immersiva rispetto ad altri open world. In questo modo si è anche più invogliati all’esplorazione verso i luoghi che catturano la nostra attenzione.

Quanto alle attività vere e proprie ce n’è per tutti i gusti tra passatempi rilassanti – comunque utili per potenziare Jin – e accampamenti da sgomberare. Ad esempio, il superamento di sezioni platform particolarmente elaborate permette di raggiungere santuari che ci premiano con amuleti equipaggiabili. Oppure, c’è un minigioco relativo al taglio del bambù che – se superato -incrementa la determinazione, e così via. Infine, numerosi villaggi o accampamenti di Tsushima sono stati occupati dai mongoli e dovremo liberarli con l’approccio che più ci aggrada. Per di più, progredendo con l’avventura questi luoghi diventano più articolati e ci viene data l’opportunità di sfruttare tutte le nostre abilità da ninja. Ancora una volta, non è nulla di rivoluzionario o innovativo, ma nel titolo in questione tutto funziona senza intoppi.

Dualità

A questo punto non ci resta che approfondire la progressione del personaggio e il sistema di combattimento. Ghost of Tsushima offre una leggera componente da RPG che permette di potenziare Jin in diversi modi. In primis, la personalizzazione del nostro protagonista è influenzata dall’equipaggiamento indossato, che dispone di attributi differenti e che possiamo potenziare presso spadai e armaioli per ottenere bonus migliori. Trovando i santuari di Inari sparsi per il mondo, possiamo sbloccare fino a sei slot per gli amuleti, divisi tra maggiori e minori. Dall’incremento del loot fino a veri e propri bonus per il combattimento, questi oggetti permettono di creare delle build adatte al nostro stile di gioco. Non mancano nemmeno una serie di skill tree su cui è possibile spendere i punti attributo. Quest’ultimi si ottengono completando attività o sconfiggendo i nemici, e permettono di acquistare nuove tecniche relative al combattimento o all’esplorazione.

Inoltre, osservando o eliminando i capi mongoli, si ottiene accesso a tre nuove Forme, particolari pose da combattimento utili a contrastare i nemici. Jin inizia l’avventura con la forma con la Forma della Pietra attiva, utile a sbaragliare le difese degli spadaccini. A questa si aggiungono la Forma del Vento, Acqua e Luna, rispettivamente efficaci contro lancieri, nemici armati di scudo e bruti. Il combattimento si basa sulla necessità di sbilanciare le suddette categorie di nemici in modo da infliggergli ingenti danni. Le Forme consentono quindi di sbloccare nuove tecniche efficaci a tal fine. Ma non è tutto, perché possiamo eludere le difese avversarie in altri modi tra schivate all’ultimo secondo, parate ad impatto, tecniche speciali o strumenti da assassino che garantiscono ulteriore dinamicità agli scontri.

Spettro o samurai?

Eliminando i nemici o eseguendo parate ad impatto (a patto di aver acquistato la skill specifica) ricaricheremo l’indicatore della determinazione. Questa è necessaria per potersi curare o per eseguire il Colpo celestiale o la Danza dell’Ira, due tecniche speciali tanto forti quanto spettacolari.

Per quanto riguarda l’approccio stealth invece, abbiamo a disposizione diverse tecniche letali che rendono Jin praticamente inarrestabile. Oltre alle classiche uccisioni dall’alto – che consentono di eliminare fino a tre avversari consecutivi – possiamo utilizzare bombe fumogene, esplosive o appiccicose con cui seminare il panico trai nostri avversari. Verso la metà dell’avventura si ottiene l’accesso alla Forma Spettro, attivabile uccidendo furtivamente un Capo mongolo o eliminando 7 avversari. In questo stato è possibile eliminare i nemici con un solo colpo, fattore che ci rende momentaneamente inarrestabili.

Ghost of Tsushima prevede anche una discreta interazione ambientale e consente di sfruttare nidi di vespe o barili esplosivi contro i mal capitati di turno. In generale, possiamo dire che il sistema di combattimento funziona a meraviglia e dimostra che oltre alla spettacolarità coreografica c’è anche della sostanza. Pur senza proporre un sistema paragonabile agli action più tecnici, Sucker Punch è riuscita a dare vita a combattimenti estremamente appaganti. Passando all’intelligenza artificiale, ci rincresce dover affermare che vive di alti e bassi.

Gli scontri contro i gruppi di nemici funzionano alla perfezione, e man mano che si procede nell’avventura quest’ultimi diventano sempre più aggressivi. Sfruttando l’approccio furtivo c’è capitato invece di mandare l’ia in palla, compiendo stragi senza alcun tipo di difficoltà. In generale, avremmo apprezzato pattern relativi alle ronde un po’ più complessi e meno prevedibili. Ultimo ma non meno importante il feedback dei colpi, che si è rivelato eccezionale, grazie alla vibrazione del pad che enfatizza gli impatti.

Comparto tecnico e direzione artistica

Concludiamo la recensione con il solito paragrafo dedicato al comparto tecnico e alla direzione artistica. Non c’è nemmeno bisogno di dire che Ghost of Tsushima colpisce subito per la straordinaria bellezza della sua ambientazione. La ventosa isola ricreata da Sucker Punch è una delle location più belle che abbiamo potuto ammirare negli ultimi anni, grazie anche ad una varietà di biomi estremamente differenti. Ottimo anche il comparto tecnico, che su PS4 Slim garantisce 30 fotogrammi al secondo granitici, e un orizzonte visivo degno di nota. Durante la nostra prova abbiamo però riscontrato compenetrazioni poligonali relative agli abiti dei personaggi con le armi o all’ambiente circostante quando si attraversano zone strette.  Migliorabili anche i particellari dell’acqua e la modellazione poligonale di alcuni elementi, che se messi in primo piano non risultano bellissimi. Magnifica invece la colonna sonora composta da Ilan Eshkeri e Shigeru Umebayashi, che risulta particolarmente evocativa e ricca di pathos. Per quanto concerne il doppiaggio lo abbiamo provato sia in italiano che in giapponese. Nonostante la buona fattura della versione nostrana, ci sentiamo in dovere di consigliare la lingua del sol levante, decisamente più intensa e coinvolgente.


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Ghost of Tsushima è quel gioco che porta sulle nostre console l’immaginario romantico del samurai, colui che non esita a sguainare la sua spada in favore degli innocenti. Un immaginario fatto di duelli al chiaro di luna su vasti campi fioriti, in cui ogni istante potrebbe rivelarsi fatale. Jin Sakai incarna la figura del guerriero pronto a tutto pur di conseguire un bene superiore, anche a costo di rinunciare al suo codice d’onore. E nell’ottica della storia raccontata da Sucher Punch, costituisce l’ago di una bilancia ai cui estremi troviamo l’inflessibilità dei samurai e la spietatezza dei mongoli. Nei tre atti che compongono l’avventura lo vediamo dunque immergersi gradualmente nel regno delle ombre, pur senza rinunciare alla sua integrità, laddove altri personaggi vacillano. A fare da sfondo alle vicende ci pensa l’irresistibile Tsushima, un luogo ricco di fascino seppur intriso di violenza, sangue, superstizione o odio. In poche parole, è un mondo vivo. Sucker Punch è tornata alla grande con un gioco non privo di difetti ma memorabile, un’opera dai combattimenti degni di un film di Kurosawa e un mondo di gioco incantevole, adornato da feature e meccaniche che rendono più appetibile la struttura classica da open world. Ghost of Tsushima: la nostra recensione