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IO? di Peter Flamm: recensione

Io? di Peter Flamm è un particolare romanzo che tratta del tema dell’identità come concetto legato al nostro nome e dell’insanabilità dei traumi di guerra. Il libro, romanzo d’esordio dell’autore, uscito per la prima volta in Germania nel 1926, è pubblicato in Italia da Adelphi nel 2024 nella traduzione di Margherita Belardetti.

Trama

Berlino, 1918.

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La Prima guerra mondiale è appena finita, i soldati stanno per tornare a casa. L’ultima sera al fronte Wilhelm Bettuch, che prima di diventare soldato era un umile panettiere che viveva con la madre e la sorella, trova un cadavere: un uomo morto proprio l’ultimo giorno di guerra, una grande sfortuna. Senza un apparente motivo, Bettuch sfila dalla tasca del cadavere il passaporto: quell’uomo si chiama Hans Stern. Ecco che, all’improvviso, Bettuch crede di aver rubato l’identità a Stern: è lui infatti a tornare da Grete, moglie di Stern, e dal loro bambino, è lui a vivere in quella ricca casa borghese e ad esercitare la professione di medico. Nessuno sembra comprendere che Stern non è Stern, nessuno immagina la verità, tutti riconoscono Hans e pensano di parlare con il vero lui; solo il cane Nerone si rende conto che quello tornato dalla guerra non è il suo padrone e infatti, non appena mette piede in casa, lo azzanna.

Wilhelm vive quindi una vita che non è la sua, la assimila, se la gode e la fa propria. Impara ad amare Grete, tenta di rendere migliore la vita di cui si è appropriato e di nobilitare Hans, un uomo la cui esistenza prima della guerra era caratterizzata da molte ombre. Ma i ricordi del suo vero passato non lo lasciano stare, lo tormentano sia come fantasmi, sia come persone reali, tramite l’apparizione di Emma. Quando Hans/Wilhelm verrà chiamato in qualità di medico a testimoniare in un processo, tutte le bugie saranno destinate ad andare in fumo.

“la guerra è finita, dopo quattro anni, finita, basta granate, basta morte, basta fango, basta ordini, basta legge, basta piombo e oppressione: tutto si dissolve, tutto va in pezzi, una nuova epoca, una nuova vita. […] Non era possibile che adesso, di colpo, tutto avesse fine, l’avevamo aspettata tanto, la fine, così tanto che non ci credevamo più. Ora c’era una nuova porta, una nuova vita, non saremmo più dovuti stare nel fango, ma di nuovo in una stanza su bianche lenzuola, avremmo avuto un futuro. Un futuro?”

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Recensione

«Non io, signori giudici, un morto parla per bocca mia. Non sono io qui, non è mio questo braccio che si alza, non sono miei questi capelli ora bianchi, non è mio il crimine, non è mio il crimine».

Così si apre Io?: Wilhelm/Hans è in tribunale, sotto processo per omicidio, e racconta la vicenda che lo ha portato a tale gesto.

Ma chi dei due ha compiuto il delitto?

La guerra con i suoi orrori ha segnato tutti i combattenti di ogni epoca e, con la Prima guerra mondiale, i traumi e lo shock sono stati registrati di gran lunga superiori rispetto alle guerre passate. Il tema di Io? è proprio la scrittura di tale shock vissuto in trincea, uno shock che resiste ad ogni vano tentativo di elaborazione individuale.

Dall’uscita del romanzo nel 1926 la critica si è interrogata sul senso dello sdoppiamento della personalità di Wilhelm e il suo “passaggio” a Hans. L’autore ci vuole dire che Hans non è morto in guerra, ma che ha subito un trauma tale per cui crede di essere Wilhelm, un uomo che ha conosciuto e con cui ha parlato in trincea? Hans è morto e Wilhelm ne prende davvero il posto? Le interpretazioni sono state varie, ma tutte inconciliabili: il romanzo non dà risposte, se non che “Hans è e non è Wilhelm”.

Tutti questi nodi vengono compresi dal lettore progressivamente, la lettura procede liscia ma a volte sembra estraniante: ci si trova di fronte a salti temporali di cui non ci si era resi conto («Non è forse un anno esatto che sono tornato?», domanda Hans, quando chi legge aveva probabilmente immaginato che fossero passati solo pochi giorni), a ricordi di un passato che non corrisponde alla vita benestante di Hans e che non possono essere suoi, alle memorie degli scoppi, delle trincee e delle paure della guerra.

Una nota al lettore da parte della casa editrice, posta immediatamente prima dell’inizio del romanzo, avverte che la punteggiatura di Io? presenta diverse caratteristiche uniche e che si è cercato, nella resa italiana, di renderle quanto più fedelmente possibile. Infatti, Flamm si serve di una punteggiatura che frammenta la frase e che serve ad evidenziare la disarmonia tra la vita borghese di Hans e la sua interiorità – a cui fa capo Wilhelm – che testimonia un’esistenza più umile e ben diversa. Le pagine sono costellate da trattini: frasi rotte, spezzate, interrotte. La frammentarietà della sintassi rimanda alla frammentarietà dell’io, che nulla dopo la guerra può più ricomporre.

Potete trovare il romanzo QUI.

L’autore

Il nome Peter Flamm è in realtà uno pseudonimo per Erich Mosse – ironico l’uso di uno pseudonimo per l’autore di un libro che tratta del tema dell’identità legata al nome proprio –, nato a Berlino nel 1891. Nella sua vita, oltre che scrittore, è stato psichiatra e, dopo la fine della Prima guerra mondiale, ha avuto in cura molti reduci, esperienza che sicuramente ha condizionato la stesura del suo primo romanzo, Io? (Ich? in lingua originale). Poiché di famiglia ebrea, nel 1933 è costretto a emigrare prima a Parigi e poi a New York, dove si afferma come psichiatra e dove muore all’età di settantadue anni, nel 1963.


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