LE PALME SELVAGGE di William Faulkner: recensione

Tra i più insigni narratori americani contemporanei non si può non ricordare William Faulkner, vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 1949. Adelphi cura e pubblica in Italia oggi gran parte delle opere di questo scrittore: Le palme selvagge è stato diffuso dalla casa editrice per la prima volta nel 1999 nella traduzione di Bruno Fonzi, oggetto di riedizioni fino ad oggi.

Trama

Il volume intitolato Le palme selvagge contiene al suo interno due storie diverse, due narrazioni a capitoli alterni che non hanno tra di loro alcun legame, contatto o richiamo.

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La prima storia, che porta appunto il titolo Le palme selvagge, racconta di un amore, quello tra Harry Wilbourne e Charlotte Ritternmeyer. La loro passione e il loro sentimento sono così forti e travolgenti da portarli ad abbandonare tutto, lavoro e famiglia, per godersi la vita insieme. Eppure le cose non possono andar bene, quando un sentimento è così totalizzante… Infatti, dopo aver vagato per l’America in povertà e attraversando grandi e piccole difficoltà, il loro stesso amore li sconvolgerà psicologicamente e fisicamente, fino a portarli all’autodistruzione.

Il secondo racconto, intitolato Il vecchio, parla di un anonimo forzato, un vecchio prigioniero che, approfittando di un’inondazione del fiume Mississippi sembra trovare il modo di evadere, ma che in realtà ha in mente una missione ben più nobile: salvare una partoriente, aggrappata ad un albero semisommerso. Approfitterà della situazione per scappare definitivamente e far perdere le sue tracce?

“Era stato condannato a centonovantanove anni – e questo stesso incredibile e impossibile periodo di punizione o di costrizione aveva un’imperfetta e favolosa qualità indicante che la ragione che l’aveva condotto lì era tale che gli stessi uomini, i paladini, le colonne della giustizia e dell’equità che ve l’avevano mandato eran divenuti in quel momento ciechi apostoli non della semplice giustizia ma della pura convenienza umana, ciechi strumenti non dell’equità ma del risentimento e della vendetta umana.”

Recensione

I due racconti che si intersecano, capitolo dopo capitolo, andando a comporre il libro che è Le palme selvagge, sembrano autonomi: le storie di Wilbourne e dell’anonimo prigioniero non si incontrano mai. Eppure, nel finale di entrambi i racconti, a me è sembrato di vederci un fil rouge, un lieve e sottile legame che, forse, potrebbe essere sottinteso e unire i due racconti in un’unica, lunga narrazione. Non so se la mia interpretazione sia esatta, ma con certezza si può affermare che, dalla sua prima pubblicazione nel 1939, Le palme selvagge non ha mai smesso di suscitare interrogativi nei lettori e nella critica: si tratta di due racconti slegati, inseriti in una forma audace e particolare? O c’è un legame che li unisce?

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Personalmente, ho apprezzato di più il racconto Le palme selvagge, che risulta molto più intenso e forte. I due protagonisti sono personaggi passionali, che esprimono i loro sentimenti e li vivono con tale intensità da far prevedere un esito infausto fin dal loro primo incontro. Il ritmo di questo racconto è più incalzante, complice forse anche l’uso frequente del dialogo, che vivacizza la narrazione.

Il racconto Il vecchio, invece, all’inizio non mi ha colpita, ma col proseguire della narrazione l’interesse cresce sempre di più. Si tratta di un testo molto descrittivo, che fa immergere nella mente e nelle azioni dell’uomo evaso, ma che può risultare inizialmente un po’ troppo lento. La corrente del Mississippi accompagna questa narrazione e si viene cullati, o talvolta sballottati, al ritmo dettato dalle sue acque.

Per chi ha letto un qualche romanzo o racconti dell’americano John Steinbeck, la somiglianza non può che essere palese fin dalle prime pagine di Le palme selvagge. Tanto Faulkner, quando Steinbeck parlano dell’essere americani, parlano di difficoltà famigliari e lavorative e raccontano della loro terra; entrambi gli autori poi descrivono dei tipi umani veri, dai sentimenti universali e prorompenti, che è impossibile non lascino un segno. Lo stile di entrambi, inoltre, è impeccabile, scorrevole ma mai banale, pronto a colpire il lettore con periodi allo stesso tempo semplici per le verità che raccontano, ma quasi poetici per come sono espressi. Se devo esprimere una mia preferenza, non posso che indicare Steinbeck, ma sicuramente Faulkner può darmi ancora tanto e sono pronta a scoprirlo con la lettura di altri suoi romanzi.

“Pensò, sereno, come aveva pensato altre volte, ch’ella, pur conoscendolo appena, aveva già rinunciato a più di quanto egli avrebbe mai potuto possedere per rinunciarvi.”

L’autore

William Faulkner (New Albany, 1897 – Byhalia, 1962), insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1949, è stato uno dei grandi scrittori americani del Novecento. Le sue opere sono state spesso considerate provocatorie tanto dal punto di vista dei contenti, quanto da quello dello stile: con una prosa ellittica e densa, dal grande spessore psicologico, Faulkner crea personaggi profondi e storie ricche di pathos.

Puoi trovare Le palme selvagge QUI.

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