La scrittrice Azar Nafisi a seguito di: Quell’altro mondo, Leggere Lolita a Teheran e La Repubblica dell’immaginazione, ci regala un nuovo, emozionante e potentissimo libro, Leggere pericolosamente. Attraverso alcune delle sue esperienze di vita in Iran e negli stati Uniti, ci porterà a riflettere su quanto potere esercita la letteratura nelle nostre vite, come grazie ad essa sia possibile il cambiamento, come davanti all’assolutismo si possa gestire la rabbia e la frustrazione, come combattere le menzogne e come agire nel modo giusto con chi con noi è stato ingiusto. Mostrandoci così il potere sovversivo della letteratura in tempi difficili. Edito da Adelphi, traduzione di Anna Rusconi.
Trama
Cinque lettere scritte tra il 2019 e il 2020 da Azar Nafisi, indirizzate a suo padre (Baba Jan), proseguendo un dialogo che la morte di lui non ha mai interrotto. Cercando di fargli capire i tempi difficili che stavamo affrontando, concentrandosi sugli avvenimenti di un periodo particolarmente turbolento della storia recente: dalle proteste insanguinate che nel novembre del 2019 hanno scosso la Repubblica Islamica dell’Iran a quelle divampate in America dopo l’omicidio di George Floyd, nell’estate del 2020 e della pandemia di Covid-19. Attraverso libri e autori che più ha amato: Salman Rushdie, Zora Neale Hurston, David Grossman, Margaret Atwood e molti altri, intreccerà alla perfezione l’attualità con racconti letterari, invitando alla riflessione e sottolineando come questi grandi autori l’abbiano accompagnata nei momenti più difficili della sua vita.
Recensione
La passione per la scrittura e la letteratura di Azar nasce da bambina, attraverso suo padre per il quale ha sempre nutrito grande stima e affetto. Ci racconta delle storie serali che le raccontava il suo Baba Jan, momento che lei viveva con una gioia tale che descrive come una “scarica elettrica”, definendolo come un “momento sacro”, qualcosa di raro e prezioso: la chiave d’accesso a un mondo segreto. La sua mente aperta deriva anche dall’educazione trasmessa da suo padre nella selezione variegata e internazionale dei racconti che portava ogni sera nella cameretta di Azar, passando dai racconti dello Shahnameh, Il libro dei Re di Firdusi al Piccolo Principe in Francia, la sera dopo ancora in Inghilterra con Alice, in Danimarca con la Piccola Fiammiferaia, in Turchia con il mullah Nasreddin, in America con Carlotta e la sua tela fino in Italia con Pinocchio.
“Mio padre portava il mondo intero nella mia cameretta, e proprio lì da adolescente, e poi da studentessa universitaria, insegnante, scrittrice, attivista e madre, sarei via via tornata per attingere alla forza di quelle storie”.
Per Azar libri e storie sono sempre stati dei talismani, o meglio come li definisce lei stessa “casa portatile” che l’hanno sempre accompagnata nella sua vita e nei suoi viaggi, già dalla prima volta in cui lasciò l’Iran a 13 anni per iniziare il suo percorso di studi in Inghilterra. Un qualcosa su cui fare affidamento e che non l’avrebbe mai tradita.
“Leggere e scrivere mi hanno protetta nei momenti peggiori della vita, nella solitudine, nel terrore, nel dubbio e nell’angoscia. E mi hanno anche fornito occhi nuovi con cui guardare il mio paese di nascita e quello d’adozione”.
L’idea di questo libro nasce quando la nostra scrittrice si ritrova a scrivere di guerra, essendo stati questo secolo e quello che lo ha preceduto pieni di guerre contro le nazioni e i popoli, guerre tra popoli e nel 2020 una guerra contro una pandemia virale. Sono stati per lei una guida in questo periodo David Grossman, Elliot Ackerman ed Elias Khoury, autori che parlano della disumanizzazione e l’odio intrinseci a ogni conflitto. Nel 2020 periodo difficile anche per gli Stati Uniti, è stata accompagnata da Margaret Atwood riuscendo a trovare notevoli paragoni con La Repubblica di Gilead. Altra fonte d’ispirazione sono stati James Baldwin e Ta-Nehisi Coates che l’hanno aiutata nel tentativo di comprendere l’assassinio di George Floyd e la conseguente ondata di proteste.
Così è nata l’idea di questo libro, e le lettere indirizzate a suo padre sono diventate per lei una riflessione, privata e politica, attraverso gli occhi dell’immaginazione e soprattutto della sua esperienza di migrante e alle sue due case, l’Iran e gli Stati Uniti.
“Ciò che voglio mettere a fuoco è un particolare tipo di mentalità : una mentalità assolutistica che non lascia spazio al dialogo e al ripensamento, che considera nemico chiunque vi si opponga o sia diverso. Una mentalità evidentissima nei sistemi totalitari, ma presente anche nelle democrazie”.
Lo scopo della scrittrice con questo libro è quello di coinvolgere la lettrice e il lettore invitandoli a porsi domande come: dinnanzi all’assolutismo, come gestire i nostri moti di rabbia e frustrazione? Come combattere menzogne, per sostituirle con la verità ? Come opporci alle ingiustizie, evitando di lasciarci sopraffare da fantasie di vendetta? Come agire in modo giusto con chi con noi è stato ingiusto? Come comportarci con il nemico, senza arrenderci e senza diventare come lui?
“A me interessano tutti i modi in cui l’arte e la letteratura resistono al potere: non solo a quello dei sovrani e tiranni, ma anche a quello del tiranno che è in noi. Cambiare agenda politica è possibile; molto più difficile cambiare atteggiamento mentale. Con questo libro, così come tutti quelli che ho scritto, vorrei sostituire alle spaccature create dalla politica i ponti gettati dall’immaginazione”.
Secondo Azar Nafisi scrittura e lettura possono essere strumenti di protesta, un modo per ribellarsi alle violenze subite. Un atto di resistenza contro la disumanizzazione. Concludo con una similitudine della scrittrice, tra il sistema totalitario nel nostro mondo e quello di cui Offred è vittima, personaggio di uno dei suoi romanzi preferiti, “Il racconto dell’ancella” di Margaret Atwood.
“Caro Baba, lo vedi come nei regimi totalitari anche gesti banali come mettersi una crema per il corpo o avere la libertà di tenersi per mano in strada diventano improvvisamente insoliti e straordinari? Gente comune, desiderosa solo di condurre una vita normale e dignitosa, scopre che di normale non c’è niente e che la normalità è una mera illusione. Una normalità che, se non la difendiamo, rischiamo di perdere. E’ da questo che Offred si protegge in ogni modo possibile, cercando di salvare i sentimenti e le emozioni dall’ottundimento che qualsiasi sistema totalitario provoca e infligge”.
Un libro potente che vi apre la mente!
Potete trovarlo QUI.
L’autrice
Azar Nafisi nata a Teheran nel 1948, è una scrittrice anglista iraniana residente negli Stati Uniti d’America dal 1997. Il suo libro più celebre è Leggere Lolita a Teheran.
Figlia di Ahmad Nafisi, ex sindaco di Teheran incarcerato dopo la salita al potere di Khomeini, e di Nezhat Nafisi, prima donna ad essere eletta al parlamento iraniano. All’età di 13 anni si reca in Inghilterra per continuare gli studi. Porta a compimento i suoi studi superiori e universitari negli Stati Uniti, dove si laurea in letteratura inglese ed americana presso la University of Oklahoma. Azar ritorna in Iran nel 1979, divenendo professoressa di Letteratura Inglese presso l’Università Allameh Tabatabai di Tehran; incarico che terrà per 18 anni, escluso che per il periodo 1981-1987, nel quale sarà espulsa per non aver rispettato le norme vigenti sull’abbigliamento. Testimone della rivoluzione islamica e della presa di potere dell’ayatollah Khomeini, Nafisi, proveniente da un’educazione fortemente occidentale, diverrà presto un’oppositrice del regime.
Nel 1995, trovandosi impossibilitata a continuare le sue lezioni senza attirare il biasimo delle autorità , si licenzia ed invita sette delle sue migliori studentesse a seguire delle lezioni-dibattito ogni giovedì mattina in via del tutto privata a casa sua, lontane da orecchie e occhi indiscreti. Insieme analizzano e studiano le opere più controverse e censurate dal regime: Lolita, Madame Bovary e Il grande Gatsby, cercando di comprenderle ed interpretarle in chiave attuale e iraniana. Questa esperienza sarà materia del suo libro di successo Leggere Lolita a Teheran.
Qualche anno prima di lasciare l’Iran, torna all’insegnamento universitario dei classici della letteratura occidentale. Lascia l’Iran nel 1997 e si trasferisce con il marito ed i figli negli Stati Uniti. Insegna letteratura inglese presso la prestigiosa Paul H. Nitze School of Advanced International Studies (SAIS)’ dell’Università Johns Hopkins di Washington D.C., dove dirige il Dialogue Project, e collabora con il Foreign Policy Institute. È negli Stati Uniti, in lingua inglese, che scrive il romanzo, Leggere Lolita a Teheran, tradotto in ben 32 lingue, che l’ha consacrata come una delle più capaci e promettenti scrittrici iraniane.
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