Nella verde gola delle lupe è un racconto lungo di Lucrezia Pei e Ornella Soncini: corredato dalle splendide illustrazioni di Marco Calvi, è uscito da poco in libreria per la collana Cuspidi di Moscabianca Edizioni.
Trama
Nel cuore della selva, dove secoli prima una giovane santa-cacciatrice sconfisse un grande lupo nero, vive isolata una comunità matriarcale ribelle. Ana è una delle Lupe sfuggite alla Grande Ingiustizia e non conosce il mondo fuori dal verde. La spiritualità impregna ogni aspetto della sua vita: preghiere, riti per i defunti e figure religiose come le ave sono fondamentali per mantenere l’equilibrio tra l’umano e il divino.
Un giorno però s’imbatte in una delle misteriose creature che ogni estate le sue compagne incontrano per diventare madri…
E così la serenità della comunità è minacciata: le Lupe saranno costrette a lottare per preservare il loro mondo e la loro libertà.
“Fuggi l’orma che non conosci: la prima regola della cacciatrice.
Il cuore le batte forte nelle orecchie.
Le impronte sul sentiero erano larghe quanto enormi zoccoli a una sola unghia. Apparterranno a qualche bestia mostruosa ritta su due zampe – immagina un gigantesco muso peloso e zannuto con intenzioni cattive.
Dovrebbe chiamare le altre, ma…”
Recensione
Ave, madri, zie, gemine e lettrici: le Lupe, che vivono in una selva antica e che non lasciano mai e poi mai il verde, sono una comunità matriarcale ribelle, in un Cinquecento alternativo. Ciascuna ha un compito ben preciso all’interno della comunità e tutte vivono in sintonia con la natura che le circonda, seguendo un credo che si tramanda di generazione in generazione: il culto di Nostradonna.
“Al tempo in cui si viveva fuori dal verde, Nostradonna visitò in sogno santa Agilulfa e le disse che in queste zone si aggirava un grave pericolo… Un grande lupo nero come il male, affamato di donne. Così la buona fanciulla venne nella nostra selva”. Così comincia il mito: una santa-cacciatrice che sconfigge un lupo malvagio e fonda nella grotta della bestia un eremo, diventato poi dimora delle Lupe.
Il colore rosso e gli esseribestia.
La zona in cui vivono le Lupe, e che corrisponde alla Riserva Naturale del Monte Rufeno, è ricca di un metallo rosso, il rubro, richiestissimo in orificeria e per le sue proprietà uniche. E proprio il colore rosso è ricorrente in tutta la novella: è il colore dei capelli di santa Agilulfa, ma anche della protagonista Ana. Inoltre viene considerato un colore beneaugurante per madri e neonati, richiamando il colore del sangue.
Ma questo colore è anche intriso di una forte tradizione simbolico e letteraria negativa: i capelli rossi sono nell’immaginario collettivo prova di un temperamento deviato, tendente all’ira e alla lussuria, caratterizzante insomma di persone maligne (ad esempio nel celebre Rosso malpelo di Verga).
E Ana, con i suoi vibranti capelli rossi così differente da quelli di sua madre e delle sue sorelle, è effettivamente diversa: ribelle, troppo curiosa, disobbediente. Si sente prigioniera dell’eremo in cui vive insieme al branco, dal quale non può allontanarsi: fuori ci sono i pericolosi esseribestia, creature malvage e golose di donne, che mangiano l’anima delle loro vittime. Tanto basta a scoraggiare i membri più giovani della comunità, ma non Ana. E proprio il suo insaziabile bisogno di sapere la porta a scoprire un grande segreto che sua madre ha sempre tenuto nascosto…
Fuori dalla selva.
Vicino al bosco sorge un villaggio e qui vive il Rosso: è un Lupato, uno dei figli maschi delle Lupe. Ogni anno, durante la notte della Congiunzione, le Lupe designate si incontrano nel bosco con gli esseribestia, protette dal soffio del Cielo. Qui concepiscono la prossima generazione di Lupe. Ma poiché solo le femmine sono ammesse nel branco, i figli maschi vengono “dati al bosco”, raccolti dagli abitanti del villaggio e cresciuti nello spedale. Grazie al Rosso quindi possiamo dare uno sguardo a ciò che c’è fuori dal verde e scoprire così la vita e le dinamiche del villaggio. Finché un giorno arrivano i veri esseribestia e il delicato equilibrio creatosi tra gli abitanti e le Lupe rischia di distruggersi.
Perchè proprio le lupe?
La figura del lupo ha dall’antichità una connotazione negativa, poiché considerata dall’immaginario collettivo come una creatura vagabonda, misteriosa, che vive ai margini del bosco. Con l’avvento della cristianizzazione, il lupo diventò poi il simbolo di tutto ciò che la società reputava negativo: i reietti, i delinquenti e i violenti, ma – soprattutto – le donne che non sapevano uniformarsi alla società.
Fameliche, magiche, selvagge: nell’immaginario popolare, lupi e streghe diventano inseparabili. E infatti gli abitanti del villaggio temono le Lupe, le credono capaci di incredibili magie e metamorfosi: ma è proprio questa aura di mistero a proteggerle. “Le più giovani dicono che sono venute dal calderone dell’inferno (…) Tutte sono d’accordo che sotto la pelle di donna le Lupe nascondono la forma di bestie ritte su due zampe, coi musi aguzzi e le mammelle tonde”.
Un linguaggio antico.
Pei e Soncini realizzano un lavoro straordinario e accurato nella resa linguistica: tutti i vocaboli del racconto sono d’uso attestato nel sedicesimo secolo. A questo scopo le autrici si sono avvalse del prezioso aiuto della banca dati Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (TLIO), dizionario storico di italiano antico a cura dell’Istituto Opera del Vocabolario Italiano del Cnr di Firenze.
Così le stagioni sono verno, vera e state; l’ospedale è lo spedale; il chiacchierare è fare parole. Un linguaggio quindi che fin dalle prime righe immerge il lettore nel racconto, trasportandolo in un’altra epoca, un mondo antico e misterioso.
Anche le storie e le leggende che vengono citate sono autentiche e di origine senese: come ad esempio quella del Mangia della torre in piazza del Campo e quella del frate Giomo.
Nella verde gola delle lupe è quindi un racconto che vi catturerà per il suo linguaggio ricercato e per le vicende narrate con grande maestria, capaci di immergere completamente il lettore nell’ambientazione a metà tra lo storico e il fantastico, creando un opera unica nel suo genere. Non è possibile non restare incantati da questo racconto, dall’abilità delle autrici e dal mondo che hanno creato, arricchito dalle splendide illustrazioni dell’artista Marco Calvi.
Potete trovare questo racconto folgorante QUI.
Le Autrici
Lucrezia Pei e Ornella Soncini si sono incontrate grazie al comune amore per il Rinascimento. Specializzatesi nella formazione editoriale, correggono, traducono e raccontano libri, tra gli altri per Safarà Editore. Devote al fantastico, nelle loro storie esplorano l’universo femminile, le questioni di genere e il rapporto col mondo naturale. È possibile leggerle su riviste letterarie online (tra cui «Kobo», «Altri Animali», «Spore», «micorrize»), sulla tavola periodica di Leonardo Luccone e in antologie edite (Moscabianca Edizioni, Il Saggiatore, Edizioni Arcoiris, Pidgin Edizioni). Alcuni loro racconti sono arrivati finalisti o sul podio dei premi InediTo e Zeno, di cui ora sono giurate. Hanno esordito all’estero sulla rivista cartacea statunitense «The Shoutflower» con una storia legata a Nella verde gola delle lupe.
Augurano a chiunque leggerà questa novella di accogliere il selvatico.
L’Illustratore
Marco Calvi è un illustratore freelance che vive e lavora a Milano. Nato il 23 agosto 1989, ha frequentato il liceo artistico Statale di Brera e poi l’Accademia di Belle Arti di Brera. Si è specializzato in Illustrazione alla Scuola d’Arte applicata al Castello Sforzesco. Oggi collabora con diverse case editrici italiane tra cui ABEditore, Moscabianca Edizioni e Nativi Digitali Edizioni oltre che con la galleria d’arte Imperfecta di Oregon City e molte imprese artigianali in tutta Italia.
Scopri di più da NerdPool
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.