NerdPool.it Interviste NerdPool incontra Shinichi Hotaka

NerdPool incontra Shinichi Hotaka

Shinichi Hotaka è uno degli autori che insieme ad Arisu, ha realizzato e continua a creare Shaman, manga pubblicato da Jundo. In occasione dell’uscita di Shaman 2, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare l’autore. 

Ciao Shinichi e benvenuto su NerdPool! Ti ringraziamo ancora per averci concesso quest’intervista! 

Ciao Federica! Grazie NerdPool e grazie a te!

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Iniziamo citando uno dei più grandi pregi di Shaman: la cura ai dettagli rispetto alla Cultura Orientale, come l’ikigai, un tema dell’opera che colpisce molto. Quanto è importante questo aspetto in Shaman? 

Allora, è importantissimo perché è uno dei temi centrali del protagonista, però è importante proprio nella vita di tutti i giorni, per questo mi premeva portarlo in un’opera, perché in Italia è poco presente. Nel senso che tendiamo un po’ a non avere quello che gli americani chiamano “il sogno americano” o i giapponesi inseriscono spesso nei manga, irrealistico o realistico che sia, c’é. Noi, invece, tendiamo un po’ a essere sempre più con i piedi per terra e questa cosa mi preme, perché io invece penso che sognare sia importantissimo; cioè avere un ikigai poi alla fine è la ragione di vivere, ma noi occidentali non ci facciamo spesso caso. Per questo mi premeva portarla.

Aki si sente spesso solo nella sua battaglia ed è combattuto tra il desiderio di vendetta e le responsabilità derivate dal suo grande potere. Credi che potremmo definirlo come un “anti-eroe”? 

Un anti-eroe sì. Si potrebbe definire un anti-eroe nell’ottica dell’antagonista, che antagonista è appunto “anti” non per forza negativo, non per forza il “cattivo”. Fin dall’inizio noi volevamo ribaltare un pochino il ruolo di antagonista classico, che non è una cosa originale, si fa in tante opere, però ci premeva perché nel ruolo di Yin e Yang, non c’è una parte completamente cattiva. Ci premeva che il ruolo dell’antagonista non fosse la “cattiveria”, ma fosse un altro lato della medaglia. Questo si vedrà maggiormente nel finale in cui il lettore potrà scegliere una delle due parti, però ci potrebbe essere un ribaltamento; nel senso che il lettore potrebbe schierarsi anche dalla parte di Yoru per dire.

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Soprattutto nel secondo volume, le emozioni e i sentimenti dei personaggi iniziano a delinearsi di più, in particolare quelli di Aki e Kaito. E’ stato difficile sviluppare questo lato dei personaggi? 

C’è voluto tempo. Perché con il primo volume eravamo particolarmente inesperti, con il secondo volume noi pensiamo: “vabbè è volume 1, volume 2”, sì però nel manga italiano non essendoci assistenti, essendoci tempistiche diverse, sono passati due anni. Anzi, tre anni forse perché c’è tutta la preparazione prima del volume 1. Ora c’è un’attenzione diversa ovviamente, un’esperienza diversa anche dalla parte degli autori, da parte mia, e questo ha portato a uno sviluppo maggiore, più attento. Devo dire che Kaito è stato particolarmente divertente perché è molto delineato ed è un personaggio molto preciso, mentre Aki ha un po’ più di sfumature, è ancora indeciso come personaggio; non sa a quale parte vuole appartenere, quale sarà la sua evoluzione. Kaito ha già deciso perché lui è il personaggio che ormai si è arreso, per questo è stato particolarmente divertente. Aki sta prendendo una piega molto interessante, a me piace molto l’Aki attuale.

La copertina di Shaman vol. 2. Shinichi Hotaka e Arisu; Jundo.

Riuscendo a percepire profondamente quello che provano i personaggi, può capitare di sentirsi esattamente come loro. Pensi che le loro storie possano essere anche un esempio per affrontare alcuni aspetti della vita reale? 

Io lo spero. Un po’ come l’ikigai appunto, Shaman è una storia che è pensata per ispirare i ragazzi, magari futuri fumettisti e cambiare il futuro del manga in Italia. I ragazzi devono avere il coraggio di cambiare il loro avvenire, di inseguire i propri sogni anche se i genitori gli remano contro. I sogni sono al centro di questo discorso. E c’è anche l’insegnamento sugli opposti: ognuno di noi ha dei poli opposti, ma non dobbiamo per forza schierarci da una parte o dall’altra, dobbiamo oscillare. Dobbiamo stare a metà. E questo vorrei che la gente lo prendesse come un insegnamento, come qualcosa che possa guidarli nella vita.

“Luce”, “Oscurità”, e “Crepuscolo”; questo pattern si ripete spesso in Shaman e forse anche nella vita. In quale è più facile perdersi o rimanere “soffocati”? 

Credo o nella luce o nell’oscurità. C’è un film bellissimo, Il piccolo Buddha, che riprende a sua volta un libro d’ispirazione, che dice una frase che mi è rimasta impressa: “la verità sta nel mezzo”. Se la corda si tende troppo o da una parte o dall’altra, si spezza. Questo significa che nella vita dobbiamo sempre oscillare tra due poli. Yin e yang, luce e oscurità, bianco o nero. Questi sono spesso elementi totalizzanti, ma l’importante è stare sempre a metà, in quello che chiamiamo crepuscolo, che è ciò con cui si apre Shaman: l’alba o il tramonto. Attenzione però a non fraintendere, perché l’oscurità non è il male. Ovviamente se tendiamo troppo al male, è un problema, ma in Shaman dobbiamo vederla più in ambito filosofico e riapplicare questo concetto di equilibrio nella vita. Cos’è l’equilibrio? Stare nel mezzo. Automaticamente, dobbiamo stare nel mezzo delle cose della vita. Per esempio, mangiare, dormire o tutti gli impegni fisiologici. Se mangiamo troppo, ingrassiamo; se mangiamo troppo poco, moriamo di fame; se dormiamo troppo è un problema, così se dormiamo troppo poco. Questo è un esempio per dire come dobbiamo farci guidare nella vita da questo senso d’equilibrio tra due poli.

Aki e Yoru sono due facce della stessa medaglia, due opposti ma che, come lo Ying e lo Yang, ognuno ha qualcosa dell’altro. Quindi, Aki può davvero vivere senza Yoru? 

No. Perché Yoru è, questa cosa devo un attimo pensarci perché ho paura di fare spoiler. Però Yoru essenzialmente lo stiamo già vedendo adesso, sta dando ad Aki il suo ikigai, sta dando ad Aki la sua “ragione”. E il villain fa questo, no? Dà al protagonista, all’eroe, il senso di esistere come Joker non esiste senza Batman e Batman senza Joker.

Yoru è un antagonista malvagio e dalle ideologie torbide e intricate; tuttavia, come molti villain recenti, possiede qualcosa che attira i lettori. Vista questa tendenza, secondo te esiste ancora un “vero cattivo” spinto solo dal desiderio di potere? 

Allora, possono esistere questi veri cattivi. Sta poi all’autore decidere. A me piacciono “i cattivi che non sono cattivi veri e propri”. Quando pensi a un cattivo ben strutturato, ben pensato, ti rendi conto che la sua storia è talmente profonda, perché c’è tutta una psicologia che l’ha reso così cattivo e così via, che quasi quasi arrivi a condividere. E quella cosa a me piace. Cioè quella cosa mi fa impazzire, prendi Urasawa. Fa quest’approfondimento sul cattivo che non è un vero e proprio cattivo, ma che ha tutta una storia, un motivo per essere cattivo. E quella roba ti fa esplodere il cervello, perché dici: “quanto cavolo ci ha messo questa persona, quest’uomo, nel cattivo?”. Lo ha studiato, ci è entrato dentro, e per fare un cattivo tu ci devi entrare, devi essere il cattivo. Devi essere un po’ cattivo, nel senso: “ma se mi fosse successo a me quello che è successo al cattivo, cosa farei?”. Automaticamente, io spero che i lettori possano pensare di fare la stessa cosa che ho costruito io, rivedersi poi nel cattivo e dire: “mh, però in fondo non ha proprio torto”.

Aki – Shinichi Hotaka e Arisu; Jundo.

Quali sono le opere che più ti hanno ispirato nel tuo percorso artistico e/o ti ispirano attualmente? 

Guarda, non sono famoso, però me l’hanno fatta tante volte questa domanda. Quando lo sarò penso che dovrò scrivermi una lista e me l’appendo al muro, così qualche volta dico: “aspetta! Allora..” e me la vado a controllare. Allora, quella per cui mi lapidano tutti è Tokyo Ghoul, per me, è una storia bellissima. Capisco che a livello di messaggio non sia chissà che, ma la vedo sempre da un punto di vista soggettivo. Non è un capolavoro, però per me è un’opera importante, non ci posso fare nulla. Quando un’opera ti appassiona, ed è la prima opera, e vedi i disegni di Sui Ishida che mi hanno fatto innamorare, mi vengono i brividi ancora adesso. Ogni volta che li vedo mi viene voglia di disegnare, e quindi disegno. E quello che è successo la prima volta. Questo insieme ad altre opere che leggevo ai tempi, insieme e soprattutto a Tokyo Ghoul, mi hanno fatto venire voglia di farlo. Quella frenesia così grande da farti dire: “cavolo! Io voglio essere al primo posto, io voglio essere quello che ha fatto quei disegni. O dei disegni belli quanto quelli.” E Tokyo Ghoul è la prima, poi Jojo perché c’è questa follia pazzesca dell’autore che anche da un punto di vista artistico sa bene cosa fa, e sa bene cosa vuole fare, e te ne accorgi. Poi ti dico Inio Asano, che non c’entra niente con lo Shonen, non c’entra niente con il battle shonen e così via, però c’entra con il seinen. C’è questa follia. Cioè per me Inio Asano è una rockstar.

Quanto c’è di Shinichi Hotaka in Shaman? 

Questa è delicata. Recentemente c’è stato qualche attrito con Arisu. Perché quest’opera è nata insieme. È nata insieme nel senso che abbiamo ragionato insieme, però sin dall’inizio ho avuto sempre io il monopolio, ma non perché sia un manipolatore o chissà che. È che semplicemente è andata così perché non mi piace quando c’è da mettere un po’ di quello e un po’ di quell’altro, non ci riesco, è un problema mio, io non riesco a lavorare in gruppo. E quindi vuoi o non vuoi ho preso io in mano la storia, poteva prenderla benissimo anche lei; e quando c’è un team di due persone in cui nessuno dei due riesce a conciliare, si creano degli attriti. Ultimamente c’erano molti attriti, devo dire che io sento la storia molto mia, ci ho messo tutto il cuore e l’anima, ed è per questo che sto combattendo per Shaman; nel senso che quando c’è qualcosa in cui hai messo così tanto il cuore, è difficile quando qualcuno arriva e ti dice “no, questa cosa la devi fare così”.

Ma se il messaggio che voglio trasmettere io è questo? E allora come si fa a conciliare? Le ideologie sono diverse, il modo di vedere la vita è diverso, e quindi chiudendo questo discorso di Arisu, io ci ho messo tanto. Ci ho messo tanto del primo Shinichi, nel senso che io ora sto crescendo e giusto l’altro giorno mentre rileggevo il primo volume, ho scritto alla mia ragazza e le faccio: “io lo odio questo volume, lo voglio bruciare questo volume perché ci sono tante cose che avrei voluto fare diversamente, cose che non mi piacciono. A me non piace il primo volume di Shaman, il 2 mi piace un po’ di più perché è più vicino a me”. Però lei mi ha fermato, mi ha fatto ragionare e mi ha detto: “sì però a me piace tanto, perché si vede la crescita che hai fatto e si vedono anche le tue fragilità”. Ed è una cosa che a me piacerebbe trasmettere, nel senso che io ho un tipo di disegno molto sporco, perché mi piace trasmettere quello che c’è dietro, la bozza che è meravigliosa, il processo lavorativo; io vorrei che ci fosse quanto più me possibile.

Il tuo stile “profuma d’inchiostro” come lo abbiamo spesso descritto, ed è straordinario notare le abilità di un vero e proprio mangaka italiano che non ha nulla da invidiare agli autori del Sol Levante; di cosa vai più fiero del tuo stile? 

La sporcizia. Sì, la sporcizia. Mi piacciono le linee molto pesanti, mi piace creare molti volumi con tanti linee, non mi piace la pulizia, perché la pulizia mi ricorda la geometria, l’artificiosità di una macchina. Per esempio: fai una linea con un righello, fai un cerchio con il cerchiometro, e ti vengono perfetti. Ma cavolo, un cerchio fatto a mano è storto quanto vuoi, è stortissimo, è bruttissimo, ma quanto è bello? Quanto è personale? E io credo che nelle cose più pure, più personali, più grezze, ci sia proprio la personalità del disegnatore e dell’autore. Poi ognuno fa quello che vuole, va bene, questo è il mio stile e la mia ricerca. Io voglio fare così, non me ne frega nulla, però mi piace la sporcizia.

Aki e Nao – Shinichi Hotaka e Arisu; Jundo.

Dici spesso che ami i manga “Shonen”, e chi non è avvezzo alla categoria potrebbe vederli solo come storie da ragazzini, anche se in realtà sono spesso più profondi di quanto sembri. Pur rimanendo nel target, le tue storie riescono a essere ancora più mature. Ti piacerebbe realizzare un “Seinen”? 

Sì, mi piacerebbe realizzare un Seinen. Perché ti da maggiore libertà, lo Shonen ti mette dei paletti, e quindi, presupponendo che non sono generi, lo shonen ha dei paletti rispetto al seinen, perché è indirizzato a un pubblico più giovane. Ma la cosa bella qual è? Perché questo target mi appassiona? Perché lo shonen essendo indirizzato ai più giovani, come ho scritto nel volume 2, fa da ponte tra i più giovani. Magari quei ragazzini iniziano con lo Shonen, si addentrano e leggeranno Seinen; quindi è molto importante, penso che sia molto sottovalutato, ma fare Shonen lo ritengo importantissimo. E mi piace questo ruolo, quindi vorrei mantenerlo il più possibile.

Il manga è un linguaggio che affascina anche per il modo in cui riesce a unire letteratura e cinema attraverso il disegno. C’è qualcosa di inesplorato ancora, e che gli autori in generale, dovrebbero affrontare?

Penso che sia proprio l’arte, l’arte nel senso stretto, e quindi parte concettuale per esempio. Io penso che quel campo sia ancora poco esplorato. Te lo dico proprio per esperienza personale: ho trovato grande difficoltà a conciliare manga e arte contemporanea; quindi far sfociare il manga nell’arte contemporanea, ma più facilità a introdurre arte contemporanea nel manga. Questa è una cosa che mi tormenta. Perché mi chiedo il motivo per cui non ci può essere dialogo tra queste forme di arte, questi media e l’arte? L’arte intendo proprio quella accademica: pittura e scultura concettuale. Io vorrei creare questo ponte. Sto lavorando per questo; infatti, ci sono delle trovate che magari sono un po’ concettuali, dei disegni un po’ strani magari per chi non ne capisce. Perché alla fine; se ci pensi: cinema, letteratura, musica, è tutta arte. E allora perché non anche l’arte proprio concettuale?

Aki e Kaito – Shinichi Hotaka e Arisu; Jundo.

Per realizzare un’opera ci vuole sempre molto tempo e impegno e bisogna affrontare molte difficoltà. Cosa ti spinge a portare avanti Shaman?

Intanto il riscontro del pubblico, che è, per adesso, abbastanza positivo. Oltre al rapporto con il mio editor che io amo; nel senso che gli voglio un mondo di bene, non so se poi sia così anche per lui, però gli voglio un mondo di bene e poi comunque è bello, è divertente fare le fiere. Io guarda, se dovesse andare bene e dovessero parlarne di continuare, io continuerei anche oltre il volume quattro perché so che mi mancherebbe Shaman. Una storia sulla quale lavori, diventa il tuo mondo, ci vivi dentro. E poi finire, è come quando torni da un lungo viaggio, ti metti a piangere perché stai lasciando andare quel luogo nel quale hai vissuto per anni.

Cosa ne pensi del mercato editoriale in Italia e in Europa? Come vedi la situazione nel futuro? 

Allora la Francia è messa abbastanza bene con i manga e lo sappiamo, anche se io l’editoria francese non l’apprezzo perché la Francia tende un po’ a creare delle imitazioni. Allora, se tu vai a proporre in Francia, a una casa editrice, e magari ti dicono “sì, magari questa falla simile a Dragonball“, lo fanno solo perché sanno che funziona nel mercato. In Italia è molto acerba, ora siamo in un momento di stallo per le case editrici; ci sono molte case editrici che stanno fallendo, e molte che stanno in vita stanno fallendo o rischiano di fallire, io non faccio nomi. Però conosco un po’ di situazioni dall’interno, tralasciando Shockdom che ha avuto un crollo pazzesco e lo sappiamo, ma spero che si rimetta in piedi, quindi per adesso continuiamo e questo stallo si sbloccherà portando a un momento migliore o peggiore. Non so come potrà andare in Italia, è difficile da dire; personalmente, spero che vada bene per tutti noi sinceramente. Però è ancora presto.

Secondo me la soluzione sta nell’evitare la targhetta italiana, cioè non dire “manga italiano”, è come dire “fumetto italiano”; ma che significa? Manga. Quando non ci sarà più questa distinzione, allora il manga italiano avrà successo.

Hai altri progetti per il futuro?

Sì io voglio creare un Impero dell’ombra qui in Italia. (ride) Allora, progetti per il futuro in realtà non lo so, spero che la vita mi possa continuare a guidare come sta facendo adesso. Spero che sia inerente al manga, mi piacerebbe molto fare un altro Shonen che ho in testa, e che mi da molta carica. Però spero che Shaman vada bene, e quindi di continuare questa avventura.

Ringraziamo ancora Shinichi Hotaka per averci concesso quest’intervista, vi ricordiamo che potete trovare il primo e il secondo volume di Shaman in fumetteria, libreria e online. 


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