Dopo l’annuncio dell’anno scorso e dopo un’attesa condita da diversi showcase e trailer di gameplay rilasciati nel corso dei mesi, finalmente l’atteso remake di Resident Evil 4 è finalmente arrivato, andando a continuare la politica di rinnovamento dei vecchi classici della saga horror per eccellenza messa in piedi da Capcom a partire da Resident Evil 2 nel 2019 (se non consideriamo il remake del primo episodio della serie uscito nel 2002 originariamente su GameCube).
Il colosso giapponese sarà stato in grado ancora una volta di rendere giustizia ad una delle sue creature più riuscite? O la pratica di alternare remake di episodi classici a nuovi capitoli alla lunga si sta rivelando una mossa sbagliata? Allarme spoiler: la risposta giusta è la prima, ma scoprite insieme a noi il perché, abbiamo giocato Resident Evil 4 per voi, ed ecco qui la nostra recensione, come sempre made in NerdPool!
Il ritorno di un titolo rivoluzionario
Resident Evil 4 è stato, all’epoca della sua uscita originale nel 2005, un vero e proprio spartiacque non solo per la saga horror, ma per l’intera industria videoludica: un titolo capace di catalizzare l’attenzione di tutti e dettare dei veri e propri standard nel mondo dei videogiochi (come ad esempio la telecamera in terza persona piazzata all’altezza della spalla del protagonista, introdotta proprio in RE4 e poi diventata una vera e propria “regola” per praticamente tutti i giochi in terza persona). L’avventura di Leon S. Kennedy nel villaggio spagnolo segnò anche un netto punto di rottura nel franchise, una vera e propria rivoluzione interna alla saga, un taglio netto dagli stilemi dei classici survival horror che erano i precedenti capitoli, in favore di quello che divenne in seguito il primo titolo della “trilogia action” di Resident Evil, proseguita con i decisamente meno apprezzati RE5 e RE6.
A differenza dei due sequel sopracitati però Resident Evil 4, pur dividendo anche all’epoca gli appassionati tra “puristi” che mal digerivano la svolta action e chi invece era entusiasta del rinnovamento, fu comunque accolto da critica e pubblico in maniera generalmente entusiastica, perché era di fatto un titolo di altissima qualità . Un’opera decisamente enorme anche rispetto ai titoli precedenti, piena di contenuti e dai ritmi calcolati in maniera sorprendentemente equilibrata, con trovate vincenti come l’introduzione del mercante e quindi di un sistema economico e di potenziamento di strumenti e arsenale, location memorabili come il villaggio o il castello di Salazar e meccaniche da shooter che, seppur non eccessivamente rifinite, hanno dato nuova linfa ad una serie che stava pericolosamente continuando a ripetersi.
Per molti appassionati poi Resident Evil 4 ha anche rappresentato la fine di un’era, essendo stato l’ultimo episodio diretto dal creatore originale della serie Shinji Mikami (che aveva diretto il primo capitolo e supervisionato i successivi prima di tornare a dirigere proprio il quarto) prima che abbandonasse Capcom per fondare una sua software house, per i fan infatti gli episodi successivi persero praticamente tutta l’anima horror che la saga aveva, riconquistata solo di recente grazie alla seconda rivoluzione della serie partita con Resident Evil 7 e RE Village, la quale ha segnato un ritorno ad atmosfere e temi più familiari ai fan di lunga data.
Un “forastero” in Europa
La storia di Resident Evil 4, che sia l’originale o il remake, è ovviamente la stessa: Leon S. Kennedy, uno dei sopravvissuti degli eventi di Raccon City del 1998 viene inserito in un programma governativo USA nel quale viene addestrato per diventare un agente speciale a cui persino il Presidente americano in persona affida incarichi di assoluto rilievo. Siamo quindi arrivati al 2005 e questo è uno di quegli incarichi, il più importante proprio per il capo di stato USA, il Presidente Graham: sua figlia Ashley è infatti scomparsa nei pressi di un non meglio specificato villaggio delle campagne spagnole, e si teme che sia stata rapita da qualche criminale o organizzazione terroristica. Il nostro Leon viene quindi inviato a cercare la ragazza per riportarla sana e salva sul suolo americano.
Questo l’incipit del titolo, il quale ci porterà a visitare luoghi davvero suggestivi, come il sopracitato villaggio, il celebre castello di Ramon Salazar, il lago paludoso che potremo percorrere a bordo di una piccola barca in determinate sezioni e così via. I luoghi resi celebri dalla prima release del titolo ormai 18 anni fa risplendono oggi grazie alle meraviglie del RE Engine di Capcom, ed il lavoro di ricostruzione e ampliamento delle aree di gioco è degno di nota, fedele dove necessario ma che riesce sempre a reinterpretare in maniera egregia quanto creato da Mikami e soci.
Molti sono i cambiamenti sul fronte del gameplay, reso più moderno e attuale (è finalmente possibile muoversi anche quando si sta mirando con un’arma, laddove nell’originale si era obbligati a rimanere immobili) con l’aggiunta di feature inedite come una sorta di “parry” in puro stile soulslike: grazie al coltello sarà possibile premendo l’apposito tasto al momento giusto parare l’aggressione di uno dei ganados (i nemici del gioco, umani infettati dal virus Plaga) o di altri tipi di avversari, permettendoci poi di aprire una finestra di contrattacco per effettuare un calcio letale contro il nostro aggressore.
Come reinterpretare un grande classico e accontentare nuovamente tutti
Naturalmente non finiscono qui le novità e modifiche al gioco. Pur essendo di fatto Resident Evil 4 già nella sua versione originale un titolo della “era 3D” della saga, e non dovendo quindi essere completamente riconcettualizato nel suo remake come accaduto a RE2 e RE3, i bilanciamenti e le modifiche necessarie a rendere il gioco più moderno sono tanti e profondi: il feeling delle armi è stato totalmente rivisto, così come l’IA dei nemici e il loro comportamento, le boss-fight sono state tutte ricostruite da zero, specialmente quelle che prevedevano un massiccio uso dei quick-time-event, completamente eliminati in qualsiasi situazione nel remake, e così via.
Anche la gestione delle sezioni in compagnia di Ashley sono state riviste, grazie all’IA più evoluta e alla scomparsa di un’indicatore dello stato di salute della ragazza le sezioni di gioco con lei sono ora meno fastidiose e frustranti, in quanto non la si dovrà più badare come una bambina ma basterà proteggerla sparando ai nemici che cercheranno di portarla via da noi.
Non manca poi il misterioso mercante, figura a tratti quasi mistica introdotta sin dall’originale, che ha trovato di recente una specie di sua controparte nel Duca di Resident Evil Village. Il mercante in RE4, come in passato, sarà essenziale per migliorare il nostro arsenale, acquistando e potenziando le armi, con la possibilità di vendere tesori e gemme raccolte per poter investire in armi e risorse, o riparando il coltello in dotazione al nostro agente speciale (solo quello d’ordinanza potrà essere riparato e migliorato, in alternativa sarà possibile utilizzarne altri standard raccolti in giro, che si distruggeranno una volta esaurita la barra della resistenza che si consumerà ad ogni parry, attacco o uccisione furtiva che eseguiremo).
Un’altra interessante novità sono le side-quest, mini missioni che troveremo in giro per le mappe sotto forma di volantini blu appesi alle pareti: queste piccole attività secondarie, spesso molto veloci e piacevoli, ci forniranno ricompense che potremo riscattare dal mercante, sotto forma di gemme particolari che potremo impiegare per acquistare bonus e oggetti speciali.
Trama che vince non si cambia (o quasi)
Uno degli elementi cardine del Resident Evil 4 originale era una trama ben congegnata, la quale però aveva dei momenti un po’ troppo “sopra le righe”: ebbene Capcom ha mantenuto l’ossatura narrativa dell’opera originale anche nel remake, attuando però alcune modifiche atte a rendere la narrazione più omogenea e verosimile (per quanto sia possibile avendo comunque a che fare con un’opera action horror di tale portata), che va ad uniformarsi allo splendido comparto visivo a tratti fotorealistico che l’ottimo RE Engine riesce a sfornare. Anche l’audio è davvero ottimo, compreso l’ispirato doppiaggio italiano, ad alti livelli anche per quanto concerne i personaggi minori.
Gli elementi principali di questa ormai classica avventura action horror sono presenti nel remake come nell’originale, si spara tanto, davvero tanto, ci si muove in suggestive location rese ancora più cupe e lugubri dal rinnovato comparto tecnico, ci sono boss-fight avvincenti, enigmi ambientali e una trama che ancora oggi può dire la sua nel panorama videoludico. La durata per una prima run si attesta sulle 15-20 ore, tra le più lunghe esperienze della saga. Abbiamo giocato alla versione per Xbox Series X e la qualità tecnica è senza dubbio ottima, abbiamo optato per la modalità performance con ray-tracing disattivato, in quanto non così impattante ai fini della resa visiva rispetto ad una fluidità più solida. L’unico neo, risolvibilissimo con una patch che speriamo arrivi il prima possibile, riguarda la gestione dei controlli via pad, con una calibrazione non perfetta della levetta destra in fase di mira, difetto a quanto si legge in giro riscontrato in misura maggiore o minore in tutte le versioni del gioco.
Per concludere possiamo tranquillamente dire che il remake di Resident Evil 4 è un altro centro quasi perfetto per Capcom, che ormai con la sua saga horror non sbaglia quasi più un colpo. RE4 trasuda rispetto e amore per l’opera originale, che viene riproposta in versione ampliata, ricalibrata ed aggiornata agli standard qualitativi odierni, davvero un must per gli appassionati del genere, sia per quelli che conoscono a menadito l’originale del 2005 sia per chi si avvicina all’opera per la prima volta, troveranno tutti un’esperienza di gioco solida e profonda.
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