Durante l’ultima settimana ho finalmente trovato il tempo di giocare a Stranger of Paradise Final Fantasy Origin, titolo che ho comprato a ridosso del lancio ma che tra una recensione e l’altra ho dovuto mettere in secondo piano. E sapete una cosa? Potrebbe essere il gioco più snobbato dell’anno ma per i motivi sbagliati. A questo punto potreste pensare che mi sia bevuto il cervello e vi capisco benissimo, perché il trailer d’annuncio del suddetto è stato atroce. Praticamente hanno condensato il bisogno d’uccider Caos da parte dei protagonisti in due soli minuti, rendendo il tutto estremamente comico. Non è un caso che il titolo di Team Ninja sia diventato un meme in un battito di ciglia.
Ci abbiamo riso su un po’ tutti, e probabilmente la maggior parte del pubblico è passata oltre. Dopotutto, avrei sfidato chiunque a non pensare si trattasse dell’ennesima trovata di Square per mungere la vacca grassa. La mia fissa per gli action games mi ha tuttavia portato a seguire questo progetto da vicino, mentre il mio metodo d’analisi mi ha spinto a chiedermi quali fossero le intenzioni degli sviluppatori. Ebbene, dopo aver appreso tali obiettivi ed aver completato l’avventura ho realizzato che SOP è un titolo molto più profondo e intelligente di quel che potrebbe sembrare.
Un approccio diverso
Nel momento in cui ci si approccia ad esso bisogna aver chiaro in mente che è un gioco d’azione. È ambientato nel mondo del primo Final Fantasy e addirittura omaggia la serie in tantissimi modi, ma su questo ci tornerò a breve. Malgrado ciò, non va assolutamente fruito come se fosse un titolo tradizionale poiché dispone di una forma e un linguaggio differenti.
Voi trattereste mai Metal Gear Rising: Revengeance come un capitolo principale di Metal Gear Solid? Ovviamente no, perché è un gioco d’azione duro e puro con uno scopo diverso rispetto alla serie creata da Hideo Kojima. Mentre quest’ultima propone svariate riflessioni sulla guerra e altri interessanti temi, l’action di Platinum vuole soltanto farci tagliuzzare i nemici nel modo più stiloso possibile. E Sebbene parta con delle buonissime premesse quali la privatizzazione dei conflitti, i bambini soldato eccetera, l’epilogo ci porta ad affrontare un boss finale che sembra uscito da un anime e che potrei riassumere con il suo iconico “Nanomachines, son”. Al netto di questo, Metal Gear Rising resta un titolo fantastico perché caratterizza a dovere Raiden, si inserisce bene all’interno della serie principale, ed è una vera goduria da giocare.
Stranger of Paradise avrebbe quindi potuto ricevere il medesimo trattamento ma, sfortunatamente, è stato presentato in modo maldestro. Infatti, il materiale marketing non è stato in grado di catturare la drammaticità degli eventi, causando invece un involontario senso di ilarità. Ciò è dovuto sia alla snellezza del racconto in quanto gioco d’azione, sia a Jack che, se dovessi descrivere in breve definirei un uomo d’altri tempi. È di poche parole, ma riesce ad essere opprimente nei confronti dei suoi compagni, i quali non trovano spazio per splendere. Come se non bastasse, viene guidato dal solo soffocante bisogno di uccidere Caos, fattore che lo rende cieco.
Stranger in a stranger land
La narrativa di Final Fantasy Origin enfatizza questa situazione, facendo scontrare l’ingenua presunzione del suo protagonista con tutto il resto. Non gli importa chi siano i suoi nemici o che cosa desiderino gli altri: lui vuole soltanto uccidere Caos, forse per trovare un briciolo di serenità o, semplicemente, per dare un senso alla sua vita. È una risposta che comunque troverete al termine degli eventi e che potrebbe spiazzarvi. Quando ripenserete a tutte quelle cut-scene che vi avranno strappato un sorriso a causa del singolare atteggiamento di Jack, verrete travolti da una forte amarezza.
Trovo interessante anche il modo in cui il gioco si mette in relazione al primo capitolo della serie. In quanto suo prequel riprende e rielabora diversi elementi, a partire dalla leggenda dei Guerrieri della Luce. I protagonisti di quest’avventura vengono chiamati Stranger, sono individui provenienti da un lontano futuro e non possiedono alcun ricordo del loro passato. Dapprima sono tre, poi diventano quattro e infine cinque, spingendo a chiedersi se siano realmente destinati a diventare i combattenti della profezia. Jed, Ash, Neon e Sophia condividono lo stesso obiettivo del loro leader, ma non sono altrettanto ottusi. Come ho già detto, la struttura del gioco non lascia molto spazio alla loro caratterizzazione, e nonostante vengano spesso messi a tacere, il loro animo e i loro desideri trapelano durante i dialoghi contestuali.
Un’occasione mancata
A tal senso, credo che lo sbaglio più evidente di Team Ninja sia la decisione di strutturare Stranger of Paradise allo stesso modo dei Nioh. Così facendo, non solo hanno indotto i giocatori a pensare che si trattasse di un prodotto copia-incolla, ma hanno perso una grande occasione per valorizzarlo. Mi spiego meglio. Il gioco omaggia Final Fantasy con molteplici trovate che personalmente trovo grandiose. Abbiamo un Job System ispirato da Final Fantasy V, nonché un sistema di assetti che riprende il brillante concept di Lightning Returns. Per di più, gli sviluppatori hanno sfruttato l’escamotage delle distorsioni spazio-temporali per proporre dungeon che omaggiano luoghi iconici dei precedenti capitoli della serie. Ad esempio, una delle missioni riprende la torre di Delkfutt di FF XI, un’altra rimanda alla tomba reale di FF XII e via dicendo.
Se poi ci aggiungiamo una colonna sonora degna di un capitolo numerato che vanta sia tracce inedite che nuovi arrangiamenti, capirete che la potenza emotiva e commemorativa della produzione arriva alle stelle. Il problema purtroppo nasce dall’assenza del viaggio e dalla non inclusione di una città o di un HUB dove poter interagire con gli altri. L’inserimento di un overworld (anche stilizzato) avrebbe caratterizzato maggiormente il titolo, mentre la possibilità di esplorare Cornelia avrebbe contribuito al rafforzamento del wordlbuilding. Invece ci ritroviamo con un menu che consente di parlare con NPC random presenti in città e la cui inclusione ha poco senso. Se escludiamo un comparto tecnico singhiozzante dovuto all’utilizzo dell’ormai vetusto motore grafico dello studio, le mie critiche principali a Final Fantasy Origin stanno tutte qui.
Considerazioni Finali
Stranger of Paradise è solo uno dei progetti che Square Enix aveva in mente per celebrare l’arrivo del trentacinquesimo anniversario di Final Fantasy. Purtroppo è stato vittima della sua natura da action game e di un reparto marketing incapace di rendergli giustizia il quale, in questa occasione più che mai, avrebbe dovuto ricorrere a filmati realizzati ad-hoc. Se penso ai milioni che ha buttato Nomura per venderci la sua visione di Final Fantasy Versus XIII, direi che un trailer ben confezionato per questo gioco non sarebbe costato neanche troppo. E in ogni caso, nonostante i meme e le incomprensioni da parte del pubblico, Final Fantasy Origin resta un titolo valido che merita di esser giocato tanto dai fan degli action games quanto dagli affezionati alla serie principale. A patto che lo si prenda per quello che è realmente.
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