È arrivato nelle nostre sale cinematografiche il sequel standalone del film “Twisters”, successo del 1996 con la giovane Helen Hunt, e ce ne mostra una versione decisamente più catastrofica.
TRAMA
Kate abita in campagna, in una zona soggetta a frequenti uragani che il più delle volte arrivano all’improvviso e distruggono tutto ciò che capita lungo la loro strada. La protagonista e i suoi amici si divertono ad inseguire questi fenomeni atmosferici estremi, con lo scopo di studiarli e trovare un modo per ridurne il potere distruttivo, ma una terribile tragedia porterà Kate a rinunciare al suo sogno. Anni dopo, solo qualcosa (o qualcuno) di davvero convincente potrà riportarla sul campo.
RECENSIONE
Il film di Lee Isaac Chung non è collegato a quello di Jan de Bont (non per nulla si chiama sequel “standalone”). Non direttamente, almeno. I personaggi sono diversi, le storie sono diverse, ma soprattutto lo sono i tempi. L’atmosfera questa volta è, come anticipato, molto più catastrofica e drammatica. Vediamo sullo schermo non solo la passione dei protagonisti, i loro obbiettivi, ma soprattutto la sofferenza, i traumi, un desiderio che nasce da un bisogno. Ci viene sbattuta in faccia la verità sul nostro mondo, un mondo che sta iniziando a gridare che non siamo più i benvenuti, un pianeta dalla forza contro cui non possiamo competere. Il dramma, la distruzione e l’oscurità popolano la scena, attraverso scene adrenaliniche al massimo e crudeltà inaspettata. Tra un ammiccamento al primo “Twisters” di qua e una citazione di là vediamo un ritratto non troppo metaforico della speranza che si spegne, di un momento storico che va rabbuiandosi.
Ritroviamo invece qualche storia e tensione amorosa, questa volta ancora più piatte, grazie anche alle interpretazioni degli attori, prive di intensità particolari. Glen Powell, apparente buzzurro troppo sensibile tutto muscoli e un po’ di cervello, interpreta in modo poco credibile tutte le (troppe) sfaccettature del suo personaggio, di per sé costruito a tavolino e molto prevedibile. La protagonista è invece convincente, soprattutto quando serve, ma gli unici personaggi davvero riusciti restano quelli secondari.
Le immagini colpiscono, anche se la storia è un po’ debole, i drammi dei personaggi ricompaiono solo quando conviene e gli argomenti più interessanti vengono approfonditi troppo poco. Un’occasione forse sfruttata un po’ male, ma, in qualche modo, il messaggio passa comunque. L’effetto è per lo più nostalgico: sentiamo la mancanza della determinazione della Jo interpretata da Helen Hunt, di cui Kate è una pallida imitazione; la mancanza di frivoli litigi amorosi, di un periodo in cui la gente non osannava gli idoli dell’internet.
Non si possono non apprezzare però i riferimenti al Mago di Oz, più numerosi e godibili, squisitamente sensati.
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