Il 24 maggio è uscito in libreria, edito HarperCollins, l’ultimo romanzo dello scrittore spagnolo Jesùs Sànchez Adalid, intitolato “Una luce nella notte di Roma”.
Rintracciando i discendenti dei veri protagonisti del romanzo, l’autore ha ottenuto un tesoro di testimonianze, rivelazioni e dettagli storici che costituiscono l’anima del suo racconto.
Un vibrante intreccio di amore, eroismo e generosità.
Trama
Roma, 1943. Durante l’occupazione nazista della città, la giovane e benestante Gina Duareli si innamora di Betto, un intrepido ragazzo ebreo dagli ideali rivoluzionari. Tra i due si sviluppa una relazione intensa e proibita, nel bel mezzo di una delle più sconvolgenti tragedie della recente storia europea.
Nel frattempo Orlena Duareli, sorella di Gina, insieme ai medici e ai frati dell’ospedale Fatebenefratelli, escogita un inganno per tenere le SS e i fascisti alla larga: una finta epidemia del Morbo di K, fittizio virus dalle conseguenze mortali.
Così, mentre Gina e Betto partecipano alla resistenza, l’infermiera Orlena aiuta a nascondere in ospedale leader antifascisti, ebrei e partigiani, salvando così moltissime persone da morte certa.
“Siamo obbligati a conservare la memoria dei fatti più ignominiosi della vita umana, per esorcizzare la possibilità che si ripetano.
E il modo migliore per mantenere la memoria collettiva è scriverla”.
Recensione
Nel 2019 Jesùs Sànchez Adalid ricevette una e-mail da Fratel Ángel Lòpez Martìn, un frate dell’Ordine di San Giovanni di Dio, che presta servizio all’interno dell’Ospedale Fatebenefratelli di Roma. In quella breve mail il religioso condivideva con l’autore una vicenda straordinaria, avvenuta proprio in quell’ospedale, durante l’occupazione nazista della città nel 1943-1944.
Seppur restio a scrivere di un argomento simile, Sànchez Adalid rimane suo malgrado molto colpito dalla vicenda e dal materiale raccolto dal frate: articoli, lettere, interviste e testimonianze preziosissime. “Più approfondivo le ricerche, più mi sorprendevo e più quella storia mi catturava facendomi provare un sempre maggiore desiderio di scriverla” scrive l’autore. Tanto che, dopo un lungo lavoro di ricerca, riesce infine a mettersi in contatto con i discendenti dei protagonisti. Riluttanti a svelare la storia dei loro avi, l’autore fatica non poco a ottenere il loro permesso di raccontare questa vicenda eroica e incredibile. Quindi, nonostante i fatti narrati siano tutti veri, i nomi e i riferimenti ai protagonisti sono stati cambiati, per proteggerne la privacy.
La vicenda copre gli eventi avvenuti a Roma tra maggio 1943 e giugno 1944, cioè dalla prima caduta di Mussolini alla liberazione della città da parte delle truppe alleate. Un anno denso di accadimenti e tragedie, raccontante nel dettaglio e con molta accuratezza storica. Grande pregio dell’autore è proprio quello di riuscire a trasportarti indietro nel tempo: le descrizioni dell’atmosfera, dei luoghi e della vita delle persone sono infatti molto curate. Roma, la Città Eterna, è anch’essa protagonista: abbraccia le vicende narrate, immortale anche sotto le bombe, e accompagna i personaggi grazie alle meravigliose e dettagliate descrizioni, diventando essa stessa un personaggio che “vive” e “soffre” insieme ai romani.
“La guerra e la rivoluzione sono la stessa cosa”.
L’autore riesce sempre a mantenersi super partes, senza mai giudicare l’operato e le parole dei suoi protagonisti, per quanto controversi possano essere.
Lo vediamo molto bene con diversi personaggi, molto umani e reali: Betto, l’ebreo partigiano, dal carattere ribelle e pronto a tutto pur di combattere per ciò in cui crede. Anche se questo significa macchiarsi di omicidi e attentati. Anche a costo di abbandonare l’amore della sua vita e il figlio che porta in grembo. Oppure con la signora Gianna, la madre di Gina e Orlena: fascista convinta, una donna dal carattere molto duro e difficile, sempre pronta a lamentarsi senza mai però agire. E con don Vincenzo Lombardi, un fascista di alto grado e allo stesso tempo però grande benefattore dell’ospedale tiberino.
L’autore quindi narra le scelte e l’agire dei suoi personaggi lasciando che sia il lettore a giudicare quali siano più giuste e quali meno. Ma in una città sconvolta dalla guerra e dall’occupazione, nessuna scelta è semplice o facile. Nessuna decisione è totalmente giusta e spesso si è costretti a scegliere il male minore. Qual è infatti la differenza tra la guerra e la rivoluzione, se entrambe portano dolore e morte?
“Tutti gli invasori fanno un gran rumore quando entrano, ma quando se ne vanno non li si sente nemmeno…”
Il 10 settembre 1943 i carri armati tedeschi invadono Roma, dando inizio a un periodo terribile di sofferenza e fame per tutti gli abitanti. Questo culminerà con il rastrellamento del ghetto ebraico, perpetuato dalle SS il 16 ottobre e che comportò la deportazione nei campi di concentramento di un migliaio di ebrei (alla fine della guerra solanto in sedici riusciranno poi a tornare a casa).
A poca distanza dal ghetto, sorge l’Isola Tiberina con il suo Ospedale. Sànchez Adalid racconta in modo emozionante l’intervento di medici e infermieri che, a rischio della propria vita, riuscirono a caricare sulle ambulanze e a salvare una cinquantina di ebrei. Questi si aggiunsero ai già numerosi rifugiati politici e ai partigiani, tutti celati tra i pazienti dell’ospedale.
Ma quando i nazisti minacciano di perquisire l’ospedale, il primario dottor Borromeo inventa il Morbo di K, una epidemia (fittizia) che getta nel panico i nazisti. Con questo sofisticato inganno, insieme ai frati e agli altri dipendenti, riesce a proteggere moltissime persone dalla deportazione e dalla morte. Una macchinazione geniale e audace, compiuta da persone comuni, eppure straordinarie.
Fatti che senza il racconto di Sànchez Adalid forse col tempo sarebbero andati perduti: “E ora sento che, in qualche modo, sono stato scelto per una missione. So infatti che, se non avessi accolto e adempiuto a quella misteriosa richiesta, molti degli eventi che ho narrato forse sarebbero stati per sempre dimenticati”.
“Resistete, romani, resistete! Ora o mai più!”
L’ospedale Fatebenefratelli non solo è stato il rifugio di molti fuggitivi ed ebrei, ma ha anche ospitato con enorme rischio uno strumento importantissimo, determinante per le sorti della guerra: una radio.
In quei mesi di terrore e sofferenza infatti, la radio non era soltanto uno strumento fondamentale per restare informati sugli accadimenti, ma era soprattutto l’arma più preziosa che i ribelli potevano utilizzare per comunicare con l’esercito Alleato. E il Fatebenefratelli è stato uno dei punti strategici della città da cui potevano comunicare in segreto i movimenti del nemico. Un atto incredibile che ha contribuito, dopo lunghi mesi di sofferenza, alla finale ritirata dell’esercito tedesco e all’ingresso degli Alleati in città.
Nel 2016 la Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg ha riconosciuto l’Ospedale Tiberino come un “rifugio per persone innocenti perseguitate dai nazisti”. Un riconoscimento importante che premia il coraggio di molte persone che hanno collaborato, rischiando la propria vita, per salvare quella di molti innocenti.
Sono molte le persone che andrebbero citate, protagonisti di questo romanzo e di atti di enorme audacia e altruismo. L’invito a leggere questo libro è anche dovuto alla impossibilità di nominarle tutte in questa recensione, come meriterebbero.
“Una luce nella notte di Roma” è un romanzo che ci trasporta in un tempo oscuro e terribile, illuminato però dalla luce della solidarietà, del coraggio e della generosità dei protagonisti.
Questa storia imperdibile potete trovarla QUI.
“Oggi Roma sarà liberata! Viva la libertà! Viva la democrazia!”
L’Autore
Originario di Villanueva de la Serena (Badajoz), nell’Estremadura, si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università dell’Estremadura e ha conseguito il dottorato presso l’Università Complutense di Madrid. È stato giudice per due anni, dopodiché ha studiato filosofia e teologia. Sacerdote cattolico, lavora nella chiesa parrocchiale di San José a Mérida. È membro dell’Accademia Reale delle Arti e delle Lettere dell’Estremadura e dirige la biblioteca di questa istituzione. Insegna anche Etica presso il Centro Universitario Santa Ana di Almendralejo, annesso all’Università dell’Estremadura.
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