Il mondo della nona arte è incredibilmente variegato, ricolmo di storie fantastiche e metaforiche. Negli ultimi anni, ci si sta avvicinando sempre più al mondo reale attraverso storie radicate nel quotidiano, dove testi e disegni si fanno portatori di un messaggio insindacabile e diretto. Nemici del Popolo, l’ultimo fumetto di Emiliano Pagani (testi) e Vincenzo Bizzarri(disegni), edito da Tunué, è proprio questo: una storia vera, con una piccola aggiunta fantastica, e diretta. Andiamo a scoprire insieme quest’albo che, come potete immaginare, ci ha molto colpiti.
Conflitti
Annibale e Marco, padre e figlio, si dirigono alla fabbrica dove entrambi lavorano come operai, ma questo non è un giorno di lavoro per loro. Da un mese sono tutti in sciopero, davanti ai cancelli della fabbrica, perché i nuovi proprietari hanno deciso di chiudere lo stabilimento. Annibale appartiene a quella generazione ancora appassionata alle lotte sindacali, mentre Marco vuole seguire la sua strada così come altri suoi colleghi. Proprio per questo lascia il presidio e si dirige da Chiara, la sua ex fidanzata che lavora al centro di accoglienza per migranti. Questo luogo è teatro di un altro presidio, fatto di persone incapaci di accogliere chi è più debole e che gridano a una supposta sovranità etnica. Questo intreccio di trame e personalità porterà a sviluppi inaspettati, ma che risultano incredibilmente vicini a noi.
Una storia dal sentore autobiografico
Nemici del Popolo è una storia di conflitti. Sin da subito vediamo il grande conflitto sociale del capitalismo: una battaglia che non riguarda solo i profitti dei “padroni”, ma anche quella tra unità collettiva e singolo individuo. Questo aspetto è più visibile nel rapporto tra Annibale e Marco, un rapporto che evidenzia anche il conflitto generazionale tra chi ha vissuto le lotte civili per conquistarsi dei diritti che le generazioni odierne vedono, a torto, come qualcosa di intoccabile, nonostante il recente passato ci insegna non essere così.
C’è un passaggio molto particolare che evidenzia ancor di più questa lotta, dove Marco parla con un suo collega e quest’ultimo gli spiega come tutti abbiano un altro lavoro, o hobby personale, visualizzato anche dal loro numero di follower su X. Il fumettista spiega anche che nessuno di loro dice di essere un operaio perché “la parola operaio fa pensare a tute blu. Occhiaie da turni da lavoro e mani sporche. Niente di spendibile su Instagram. Persino un call center è ritenuto migliore a livello di promozione di sé stessi. Ed è proprio questo il punto: sé stessi.”
Un passaggio importante, che viene, in parte, dall’esperienza personale di Emiliano Pagani che, prima di diventare un autore di fumetti, era un operaio allo stabilimento livornese della TRW, poi chiuso dall’oggi al domani nel 2014, esattamente come quanto accade alla GKN dove lavorano Annibale e Marco.
Un tratto distintivo
L’altro conflitto chiaramente visibile è quello socio-politico tra chi accoglie i più deboli e chi non vuole saperne. In questo caso, non si passa per alcun tipo di metafora, anzi, si mostra la cruda realtà e le difficoltà di chi vuole aiutare, ma viene costantemente ostracizzato da quella fetta di popolazione che vorrebbe un ritorno al periodo più buio della storia italiana.
Chiara, oltre che essere oggetto delle parole invettive al suo arrivo, deve fare i conti anche con la condizione a casa, dove il suo nuovo ragazzo, un poliziotto, si dimostra qualcuno che lei non sospettava, andando a cogliere un luogo comune che, purtroppo, gli ultimi eventi hanno solo confermato. Per enfatizzare questo conflitto, Vincenzo Bizzarri ci mostra le persone urlanti del presidio al centro di accoglienza con un naso aquilino e dei denti che ricordano quelli di uno squalo. Predatori pronti a fare incetta delle persone più deboli di loro, spinti rabbia e ferocia viscerali generati solo dalla loro stessa paura. In questi momenti, anche Marco cambia il proprio volto e si trasforma in quello che, a prima vista, potrebbe non sembrare, in un gioco di maschere e verità capace di farci chiedere quale sia il vero aspetto del ragazzo.
Tra le pagine c’è altro
La storia di Nemici del Popolo è, inoltre, intervallata da tavole fantasy, create dal disegnatore col quale Marco parla all’inizio mentre questi sta presentando il proprio graphic novel a un editore. Il suo fumetto è, per sua stessa ammissione, una metafora di quello che sta avvenendo alla fabbrica. Questo crea un ottimo stacco e delle fasi di metanarrazione all’interno del volume e, in parte, ne alleggerisce il racconto che, per alcuni, potrebbe risultare pesante. Nel volume, inoltre, è presente anche una pistola, per farci ricordare che, nonostante sia una storia con forti radici nella realtà, resta un’opera di fantasia.
Qualcosa di personale
Questa è sicuramente l’opera più personale di Emilio Pagani e di Vincenzo Bizzarri, il primo per via del suo passato così vicino alla causa operaia, mentre per il secondo proprio per le tavole metanarrative che rappresentano il tipo di opera che avrebbe voluto disegnare. La storia non è personale solo per gli autori, ma anche per chi vi scrive perché io stesso vivo il conflitto operaio tutti i giorni. Se avessi letto questa storia anni fa, avrei empatizzato di più con Marco, mentre ora mi rivedo molto in Annibale, con i suoi pregi e i suoi difetti. Questo non significa che un ragazzo giovane che si affaccia al mondo del lavoro non debba leggere Nemici del Popolo, anzi, io ci terrei proprio che le nuove generazioni lo prendano, così da capire quel conflitto sociale così ben rappresentato che troppe persone vedono come qualcosa di lontano che non le intaccherà mai.
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