Fondatore di Leviathan Labs, Massimo Rosi è uno dei pochi sceneggiatori italiani ad essere pubblicato da quasi dieci anni a livello internazionale in almeno sei diverse lingue.
Nato a Livorno nel 1987, dopo aver conseguito gli studi artistici a Grosseto ed in seguito alla Scuola Internazionale di Comics di Firenze e Reggio Emilia, prende l’aereo e lascia il paese per quasi 4 anni, vivendo tra New York, Toronto e la Svizzera. Nei suoi primi anni di carriera pubblica a 24 anni il suo seriale a fumetti negli Stati Uniti con Titanium Comics e con Ardden Entertainment (attuale Scout Comics).
Dal 2013 Massimo diventa uno scrittore molto prolifico: pubblica numerosi titoli in Inghilterra con Markosia Enterprises e Aces Weekly, in America con Action Lab, Scout Comics, Behmoth Comics e Caliber Comics, in Canada con Chapterhouse, in Argentina con Buengusto Ediciones ed in Italia con Double Shot, Leviathan Labs (di cui è presidente e fondatore).
Nel 2019 Massimo firma il suo primo contratto con la major francese Editions Delcourt e la prima opzione per la sua serie FISHEYE con la produttrice Hollywoodiana Gina Matthews, per la quale verrà sviluppato un film (Rush, Isn’t that Romantic – Netflix). Mentre dal 2020 continua a pubblicare negli States, inzia anche a lavorare con la francese Komics Intitative e, grazie al lavoro sul titolo Foglie Rosse, con Lev Gleason in USA e Canada, inizia i lavori per il suo primo film sceneggiato assieme alla regista Audrey Cummings, in lavorazione tra il 2023 ed il 2024.
Innanzitutto Massimo grazie di averci regalato un pò del tuo tempo per questa intervista, cominciamo col presentarti ai lettori di NerdPool…. raccontaci un pò chi sei:
Chi sono…? Sono… ero un ragazzo toscano, ora tanto ragazzo non sono più… sono il marito di una graphic designer e il padre di una piccola peste: Lighea. Faccio lo sceneggiatore e assieme ad alcuni amici e colleghi mi sto improvvisando editore.
Ho passato buona parte della mia vita viaggiando, cercando di fare questo mestiere: ho vissuto a Brooklyn, a Toronto, in Svizzera e in Spagna, per poi finire in Maremma (che onestamente adoro). Sono un amante del cinema e collezionista di dvd e blu ray. Ovviamente leggo molto (anche se da quando sono padre molto meno), mi piace la musica, soprattutto metal e sono grande fan dei Rammstein. Mi piace la cucina giapponese e greca e amo viaggiare, come si sarà intuito dalla mia vita da nomade.
Come sei arrivato a fare il tuo lavoro?
Credo di aver voluto fare questo tipo di lavoro da sempre. Mio nonno era caricaturista per la Gazzetta dello Sport e grazie a lui ho sempre amato il disegno e la cultura pop. Ho ancora piuttosto vivido nella mia mente di bambino all’asilo che, quando mi veniva chiesto cosa avessi voluto fare da grande, rispondevo “le Tartarughe Ninja”. Purtroppo non sono ancora riuscito a “farle”, ma era chiara la direzione che la mia vita professionale avrebbe preso.
Anche alle elementari e alle medie disegnavo sempre. Ho fatto poi il liceo artistico e la Scuola Internazionale di Comics, prima a Firenze e poi a Reggio nell’Emilia. Finiti gli studi, ci fu detto che per uno sceneggiatore italiano lavorare negli USA era cosa quasi impossibile e che pochi ci erano riusciti… allora, dopo mesi e mesi di lavori discutibili, mi trasferii oltreoceano. Nel giro di un anno sono riuscito a trovare un ingaggio, era il 2011 e quel primo titolo si chiamava Death Raye, per Titanium Comics. Lo stesso anno pubblicai Necromantical con Ardden Entertainment (ora Scout Comics).
Tu leggi fumetti? e se si quale genere preferisci?
Leggo (o meglio, leggevo: con una bambina di due anni sta diventando un lusso), ho sempre amato l’horror e il fantasy in tutte le sue sfumature, ma anche un po’ di sano dramma e fumetto d’autore. Al momento per esempio sto leggendo Gannibal con grande passione (era da tempo che un manga non mi prendeva così), ho recuperato Pluto (dopo aver visto la serie) e El Borbah di Burns.
Qual’è il lavoro da te scritto a cui sei più legato e perchè?
Probabilmente Locust, perché ha avuto una genesi importante durante un periodo piuttosto particolare. Era morto da poco George Romero e mi sarebbe piaciuto omaggiarlo con qualcosa, essendo stato il suo cinema molto formativo per me… allora passo passo venne fuori Locust con tutto il dramma apocalittico che si porta dietro. Probabilmente è stato così importante per me a causa del rapporto tra Max e Stella nella storia, questa inesorabile maledizione che si portano dietro e il loro cercare di andare contro qualcosa più grande di loro a tutti i costi e fino alla fine. Anche Gaijin Salamander, se devo esser sincero, ha avuto un ruolo centrale nella mia produzione..
Se ti facessero scegliere una tua opera per farne un film o una serie tv quale sceglieresti e perchè?
Beh, tecnicamente, ma anche praticamente, sta già accadendo. Foglie Rosse, grazie al duro lavoro di Fadi Hakim, Paul Amos e Rachel Skarster ,sta già per diventare un film (o una serie), che io stesso sto scrivendo assieme a Kris Holden Ried.
Oltre a Foglie Rosse, che originariamente fu pensato proprio per l’audiovisivo, mi piacerebbe moltissimo poter vedere su schermo The Barbarian King, proprio per quella vena sword and sorcery che ormai nel cinema non si vede più. Sarebbe proprio meraviglioso, da spettatore, poter assistere su grande schermo a qualcosa che porti al pubblico quelle vibes che avevano film come L’amore e il Sangue, Krull, Excalibur, Conquest, Dragonslayer, o lo stesso Conan il Barbaro.
Sei al lavoro su qualcosa di nuovo in questo momento?
Oltre al LeviathanVerse, che mi tiene piuttosto impegnato, sto lavorando a due storie horror, una sul vampirismo (tematica che adoro), mentre l’altra sugli Homunculus, gli esserini che vivono nella coclea dell’orecchio. Poi ovviamente c’è la gestione di Leviathan Labs, che ruba molto tempo alla scrittura, visto che abbiamo anche quasi terminato il trasloco del nuovo studio (dove spero verrete a trovarci).
Ora parliamo del Leviathan-verse di cui sei autore di 2 delle serie uscite finora, come è nata l’idea?
L’idea di dare vita ad un universo narrativo nasce durante le lezioni che tenevo alla Scuola Internazionale di Comics agli studenti di sceneggiatura del secondo anno. Al fine di lavorare sullo “svecchiamento” di alcuni personaggi, in modo che potessero intrattenere più generazioni, facevo scegliere loro un personaggio di pubblico dominio e glielo facevo rimodernizzare come meglio credevano. Su quello, dovevano strutturare una mini serie di 4 o 6 issues americani.
Ho iniziato questo tipo di lezioni ispirato da quello che fu il mio docente, Onofrio Catacchio, trasformandole in un esercizio pratico di scrittura per giovani sceneggiatori. Ci sono voluti alcuni anni per capire che potevamo fare qualcosa di più con questo tipo di impostazione.
Il grande input è avvenuto, se non ricordo male, un paio di anni fa, quando ho iniziato a lavorare per Chapterhouse/Lev Gleason. Loro operano questo tipo di “svecchiamento” dei supereroi di dominio pubblico già da tempo, con Captain Canuck, American Daredevil, Captain Battle, ecc. Un tipo di prodotto molto inclusivo e “young”. Ho pensato che avremmo potuto farlo anche noi, creando un universo condiviso con una serie di eroi di dominio pubblico, “leviathanizzandoli”, dando loro uno stile brutale, orrorifico, ma allo stesso tempo attuale e politico. Ed ecco che siamo partiti con i nostri primi tre (super) eroi tragici.
Puoi anticiparci qualcosa del futuro del Leviathan-verse?
Ci sarà sicuramente un “Grande Evento” che verrà lavorato a più mani e che porterà ad una serie di situazioni davvero sconvolgenti per i nostri personaggi principali… ma prima di arrivare a questo, entreranno in scena altre mini serie con altri super-umani, tra cui: Duke of Darkness, Moon Girl, Hellraider e Shinto Samurai. Il bello di questo progetto è che abbiamo una serie di possibilità creative quasi infinite e non vediamo l’ora di divertirci con questi personaggi.
Il tuo sogno nel cassetto lavorativamente parlando?
Fare questo mestiere senza tutti gli impicci che si presentano quotidianamente, eheheh! Un tempo vi avrei detto cose come “scrivere Batman”, o “fare una run di Hellboy”, ma adesso sono molto felice di quello che produco con Leviathan. Spesso e purtroppo questo mestiere non è fatto solo di belle storie e bei disegni, ma anche di brutte persone e dinamiche molto poco limpide, per questo mi basterebbe che le cose fossero meno complesse e più “umane”.
Progetti futuri?
Finire di sistemare il nuovo studio, imbiancarlo e riposarmi almeno una settimana. Continuare a lavorare al film di Foglie Rosse e sentirmi molto preso da questa nuova avventura professionale.
Ringraziamo Massimo per questa bella chiaccherata e per il tempo che ci ha dedicato, e aspettiamo con ansia di scoprire come continuerà il Leviathan Verse, tutte le novità di Leviathan Labs e di vedere il film di Foglie Rosse.
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