La recensione dell’attesissimo film sul Re del Rock Elvis Presley, diretto da Baz Luhrmann e con protagonista Elliot Wheeler.
Tra dramma e successo
Nonostante siano passati molti, troppi anni dalla sua prematura dipartita parlare del Re del Rock Elvis Presley non è mai facile. Questo perchè significa necessariamente fare i conti con un tassello fondamentale dalla cultura pop mondiale ancor prima che americana, in grado di influenzare la sua generazione e le successive fino ad oggi.
Un operazione ardua dunque per il pur navigato Baz Luhrmann, chiamato a condensare in poco meno di tre ore l’opera e la vita di uno degli uomini più complessi e sfaccettati che abbia mai calcato il palcoscenico che noi chiamiamo vita. L’operazione in tal senso è in parte riuscita. Il regista infatti è riuscito a restituire seppur in modo parziale gli aspetti più importanti tanto dell’Elvis uomo quanto dell’artista.
L’alba del primo grande successo
Il giovane Elvis che dopo l’esperienza di declassamento subita dalla sua famiglia in tenera età era cresciuto nel profondo sud. Sin da subito era stato contagiato tanto dal blues che dal gospel, finendo così con l’interiorizzare l’anima musicale nera nonstante fosse un bianco. Ciò sarà la chiave del suo successo che esploderà durante tutti gli anni 50. Elvis e il suo stile inconfondibile finiranno su giornali e televisioni, provocando scandalo nell’america bianca be pesnate. Questi sono anni di ville e belle macchine ma anche di prime spese folli per il giovane divo del Rock. Poi la partenza forzata per il servzio militare in Germania che segnerà una cesura nella sua carriera. In questi anni tuttavia incontrerà Patricia sua futura moglie all’ora ancora adolescente.
Storia di un dramma annunciato
Elvis, influenzato dal suo procuratore il maggiore Tom, interessato solo al denaro, al suo ritorno finisce nell’odiosa spirale dell’industria culturale. La sua figura viene smpremuta come un limone per produrre film commerciali fatti solo per incassare e senza una vera anima. Persino il matrimonio con Patricia diventa un grande evento commericiale. Oggi potrebbe risultare assai scontato, ma siamo a gli albori di questo fenomeno di commercializzazione della vita dei divi. Così Elvis viene sussunto dalla macchiana capitalistica di Hollywood non realizzando mai il suo sogno, di diventare un grande attore.
Passano gli anni e il fenomeno Elvis va scemando.
La rinascita e il tramonto
Dal 68 c’è il grande ritorno musicale di Elvis, che nonostante qualche dubbio sull’accoglienza che gli riserverà il pubblico, viene investito da un successo ancora più grande di quello della prima gioventù. The King infrange ogni record, divenendo cantante solista che ha venduto più dischi nella storia entrando per sempre nel cuore delle persone. Ma il successo arriva ad un alto costo, Elvis infatti sempre in tourneé per gli Stati Uniti, inizierà a far uso di pillole per reggere il ritmo nonostante il passare inesorabile degli anni. Ciò comprometterà il suo fino ad allora felice matrimonio e la sua salute.
La tappa finale di questo tortuoso viaggio arriverà nel ’76 con la morte a soli 42 anni. Il film ci dice che è morto per l’amore del suo pubblico. Invece Elvis non è altro che una vittima di un industria spietata e dei tanti parenti e amici e del suo procuratore, che come sanguisughe si sono attaccate al suo successo togliendogli fino all”ultima goccia di sangue.
Messa in scena e Musiche
Nonostante la complessità dichiarata di raccontare una simile vita il montaggio e buono anche se forse in alcuni tratti è un pò schizzofrenico. Le quasi tre ore di film scorrono bene e non pesano durante la visione, arricchita da qualche simpatico cameo di altri artisti celebri che compaiono a schermo o che sono semplicemente menzionati. Sulle musiche cosa dire invece? Se si ha disposizione un repertorio come quello del Re del Rock come si può sbagliare?
Prove attoriali
Eccezionale Tom Hanks come colonnello Tom, irriconoscibile con il trucco e perfettamente calato nel ruolo, ottima e davvero somigliante anche Olivia de Jong nei panni di Priscilla Presley, buono anche Austin Butler chiamato alla prova attoriale più difficile, anche se bisogna ammettere che non è stato ben gestito l’invecchiamento del suo personaggio, troppo poco marcata la differenza tra l’Elvis ventenne e quarantenne.
Extra il rapporto con mamma Elvis
Rischiava di essere trasucrato ma così non è stato il rapporto madre figlio, Elvis era davvero innamorato della madre e continuerà a vivere nel suo ricordo tutta la vita. Quanto detto sarà ammesso dalla stessa ex moglie Priscilla Presley, la quale visse adetta sua tutto il matrimonio all’ombra della defunta madre del marito, morta quando il figlio era in Germania. Forse questo aspetto poteva essere gestito meglio, dato che nel film dopo essere morta Elvis sembra quasi dimenticarsi di lei.
Conclusioni
Elvis è un buon film, che sicuramente vale la pena andare a vedere nonostante i suoi difetti, perché vi emozionerà in più di un punto, ma è un film che deve tutta la sua grandezza o quasi, al grande protagonista che prova a tratteggiare, ma che è tanto grande che un film così gli sta stretto, tanto che forse nemmeno un’intera stagione di una serie tv sarebbe bastata a rendergli giustizia.
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