Bentornati su NerdPool a Marco B. Bucci e Jacopo Camagni, autori di Simulacri!
In redazione pensiamo che ogni storia nasca dal bisogno di essere raccontata. Da dove arriva la necessità di raccontare la storia di Simulacri?
Marco: sicuramente io e Jacopo immaginavamo di raccontare una storia così da un po’. Che fosse più radicata del solito nella realtà, e meno orientata a mondi più “fantasy”, principalmente perché quel bisogno lì è la necessità di raccontare la distanza che si crea tra le persone in un mondo dove tutti hanno i mezzi per potersi sentire vicini. Abbiamo tutti gli strumenti per essere sempre più presenti nelle vite degli altri, grazie alla messaggistica, al fatto che siamo sempre connessi ecc.. Tutte queste cose dovrebbero avvicinarci, e in un certo senso lo fanno, ma gli ostacoli tra le persone hanno sempre forme diverse, e noi volevamo scrivere una storia su questi ostacoli, su questi confini tra le persone.
Simulacri presenta tematiche ben più adulte ed esplicite rispetto alle altre serie Bonelli. Pensate che possa essere l’apripista di una nuova visione all’interno del fumetto all’interno della casa editrice?
Jacopo: Sicuramente abbiamo aperto le danze! Speriamo che altri ci seguano, a livello di libertà creativa e nel non sentirsi vincolati a dei modelli. Noi ad esempio abbiamo cercato di essere noi stessi al 100%. In questo dobbiamo dire che Bonelli ci ha dato piena libertà creativa! E questo è molto importante: potersi esprimere nella maniera che si preferisce! Quindi sì, spero proprio di sì!
Marco: Quando c’è stata la presentazione, Michele Masiero ha detto una cosa che mi ha fatto davvero piacere: il nome della collana Audace è una dichiarazione d’intenti. In una casa editrice che ha fatto la storia dell’editoria italiana, aprire questa collana ha creato un po’ di timidezza, perché non si riusciva a fare quel passo. Quindi chiamare noi due, dove la timidezza non è contemplata, è stato un passo fondamentale.
Il team creativo è composto da cinque persone (sei con il colorista). Com’è stato lavorare con così tante mani e soprattutto trovate degli elementi comuni ai personaggi di Simulacri con il team creativo?
Jacopo: Alla seconda domanda rispondo: no, e per fortuna! Leggendo i prossimi volumi mi darete ragione (ride). Per quanto io conosca bene i miei amici, non puoi dire mai di conoscerli bene abbastanza! Lavorare tutti assieme, invece, non è stato complicato. Per due motivi: il primo è che sono tutti professionisti, il secondo è che siamo amici da anni e ci conosciamo molto bene, quindi è stato tutto naturale e molto fluido.
Io e Marco abbiamo preparato il plot dell’opera. Lui ha sceneggiato con Eleonora perché si conoscono e hanno un’ottima chimica tra di loro. Flavia e Giulio hanno scritto le sceneggiature con pochissime indicazioni perché sono due autori completi e tutto quello che vedete viene per l’80% dalle loro idee e dal loro lavoro. Stefano è un altro professionista dell’illustrazione ma questa volta è stato scelto per la colorazione perché ha un senso estetico e grafico spettacolare e lavora già con noi su Nomen Omen e su Arcadia. Io mi sono “limitato” a fare da direttore d’orchestra, cioè ho solo scritto il soggetto e il character design, poi ho coordinato i lavori e dato delle piccole indicazioni di reference per le colorazioni. Devo dire che è andato tutto bene e si è lavorato bene, per la sincronia che c’è tra di noi.
Dato che avete citato Arcadia, quali sono le maggiori differenze con Simulacri?
Marco: Sicuramente il ruolo di Jacopo è fondamentale, perché Arcadia è quasi tutto frutto di Marco. La differenza più grande è che Arcadia è un fumetto di forte ispirazione americana (Vertigo, fumetto indipendente ecc,). Su Simulacri invece ci siamo trovati con la Bonelli che ci diceva che un po’ bisognava comunque rimanere nel modo di narrare Bonelliano, senza però essere vincolati dalle sei vignette o dal divieto di scontornare. Cioè siamo stati abbastanza liberi senza però discostarci troppo dai canoni del fumetto italiano. L’unica cosa a cui eravamo vincolati era il formato della pagina. Su Arcadia abbiamo capito che la nostra creatività viene fuori meglio dai nostri litigi! (ride). Su Simulacri però il modo di lavorare era molto diverso, più rilassato.
Jacopo: Io e Marco ci conosciamo da 20 anni, quando lavoriamo assieme abbiamo una chimica data dal nostro grado di conoscenza profonda. Ciò comporta che non debba essere tutto già scritto. A volte io aggiungo cose alla sceneggiatura senza nemmeno chiederlo, perché so che andrà in quella direzione e viceversa. Ognuno di noi sa come lavora l’altro e questo ci agevola molto nel lavoro. In Simulacri abbiamo dovuto impostare la lavorazione un po’ più da “ufficio”, con delle regole, proprio perché eravamo in tanti e c’era bisogno quindi di uno schema organizzativo.
Arcadia, così come Nomen Omen, è ambientato a New York per delle ragioni ben precise (chi ha letto il fumetto sa). In Simulacri, la storia è ambientata sull’Isola d’Elba. A cosa dobbiamo questa scelta, in netto contrasto con la storia?
Jacopo: Quando abbiamo dovuto scegliere l’ambientazione, in virtù del fatto che i personaggi provano tutti a scappare da un posto, ma sono prigionieri della loro vita e di un ambiente che fanno fatica a mollare, abbiamo pensato che potesse essere tranquillamente ambientato in una città italiana, grande o piccola che sia. Perchè tutti fanno fatica a lasciare la famiglia, il loro paese, ecc… Abbiamo pensato che, essendo un horror psicologico, l’idea dell’isola potesse sottolineare questo senso di estraniamento ancora maggiore, essendo circondata dall’acqua e distante dal continente. Tolte quelle più ovvie o già ampiamente sfruttate in altre opere, l’Elba è stata la naturale conseguenza della nostra scelta. E poi io ci sono stato sempre in vacanza con i miei fino a diciotto anni. Infine, come dicevo, non è mai stata usata in nessun modo come set di una storia.
In realtà ha un ulteriore elemento che era vitale per questo progetto, ma essendo spoiler lo scoprirete alla prossima Lucca!
Ultima domanda in chiusura! I protagonisti di Simulacri si trovano in vari momenti della loro vita che forse molte persone hanno vissuto, unitamente alle loro problematiche. Voi quanti e quali di questi avete attraversato?
Marco: Simulacri affronta tematiche davvero importanti. Fin da subito si avverte che c’è qualcosa che non va. Posso però dire che molti dei problemi che i protagonisti raccontano nel primo volume sono molto condivisi con noi. Problemi economici, problemi con il lavoro, si punzecchiano a vicenda essendo invidiosi l’uno dell’altro in un mondo che ti spinge a vedere l’altro con una punta di invidia.
Proviamo a non esserlo però, anche se la verità è che siamo sempre molto complicati come esseri umani. E loro incarnano tutto ciò. Il gruppo di Simulacri, ad esempio, pur non essendo sotto la soglia di povertà, sono ossessionati da questa cosa di non avere soldi necessari a fare le loro cose. Questa è la normalità che abbiamo deciso di mettere in scena. ma ben presto scopriremo che sono ben altri i problemi per il gruppo!
Grazie mille a Marco e Jacopo per averci permesso di scoprire qualcosa di più dietro il lavoro che c’è su Simulacri!
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