Premessa: quando si parla di Fast & Furious, non lo si può fare come se si affrontasse una conversazione su un film di Fantozzi o di Die Hard o di Tarantino. Quando si parla di F&F lo si deve fare mettendosi una canotta, dopo essersi fatti una seduta in palestra e sorseggiando una birra, possibilmente Corona. Poco serio? Forse, ma decisamente rilassante.
Era il lontano 2001 quando nelle sale cinematografiche uscì un film diretto da Rob Cohen (già regista di film di successo come Dragonheart) che verteva su due pilastri che avrebbero caratterizzato la futura saga per i successivi diciassette anni: donne e motori.
La saga
Il film, Fast & Furious, trattava il mondo dei furti d’auto, delle belle donne ma anche di valori come amicizia, onore e rispetto. Un cocktail che seppe intercettare una fetta del grande pubblico del nuovo millennio, sia che fosse teenager o che avesse già qualche capello bianco in più.
Uno degli attori protagonisti, Vin Diesel (pseudonimo di Mark Vincent Sinclair III), venne consacrato nell’Olimpo delle star proprio grazie a questo film. Ritagliandosi il ruolo di duro ma difensore di valori tradizionali ed estremamente sentiti come la famiglia e l’amicizia. A bordo di automobili tanto irragiungibili quanto da sogno, con il risultato di installarsi nella cultura pop dei primi anni 2000.
Da qui sono nati una serie di film (con pregi e difetti) che avevano dei punti fissi. Ambientazioni geografiche genericamente differenti, belle auto, belle donne e begli uomini. Infine un cattivo di turno che veniva sconfitto dalla forza della squadra (che era anche famiglia).
Mano a mano che i film uscivano si sentiva un lento cambiamento come quando un serpente fa la muta. Non sta diventando altro: come una crisalide che diventa farfalla, semplicemente cambia pelle. F&F ha fatto lo stesso, per una scelta precisa e consapevole. Evitare di dare l’impressione che ogni film fosse uguale a quello precedente. Andando incontro ad un baratro economico che altre saghe hanno rischiato o incontrato in pieno.
Chi, come il sottoscritto, ha deciso di non perdersi un capitolo al cinema, si era già probabilmente reso conto della mutazione dal quinto capitolo, con l’introduzione di un attore ovvero Dwayne Douglas Johnson (conosciuto anche – se non soprattutto – come The Rock), che ha dato una prima svolta alla saga verso lidi dominati dal surreal-poliziesco-scazzottante, con una netta affermazione in tal senso nel sesto capitolo con l’introduzione di Jason Statham nel cast.
Hobbs & Shaw
Il nuovo capitolo, Fast & Furious – Hobbs & Shaw, bisogna innanzitutto dire cosa non è: non è F&F 9. Questo nuovo film si colloca all’interno del mondo degli spin-off.
La scelta risulta vincente per due motivi almeno. Il primo è che, per quanto apparentemente appagante da un punto di vista del box office, la nuova strada intrapresa dalla serie non è ancora irreversibile né tanto meno conclamata e, con questo film, si percepisce come molto sia stato fatto volutamente oltre ogni limite del “moderato” già partendo dal villain. Un Idris Elba (all’anagrafe Idrissa Akuna Elba) che ricopre il ruolo di un soldato biologicamente modificato e, di conseguenza, potenziato che non risparmia battutine così come monologhi da mondo al limite del collasso ambientale (tema ormai onnipresente in qualsiasi film almeno che non tratti di cucina). Volutamente, del cast rimanente e presente nei precedenti otto capitoli non compare nessuno, proprio a voler dare quella traccia di aver intrapreso una strada nuova, diversa, consapevolmente ambiziosa e, di conseguenza, irta di incognite.
Il secondo motivo, direttamente derivante dal primo e come altre saghe hanno dimostrato (vedi Star Wars), è che gli spin-off possono andare come incassi benissimo o malissimo, senza compromettere sia come storyline che come reddittività i film collegati al filone principale. Soprattutto questo aspetto ha dato al film un sentore di voglia di esplorare, osare ed anche esagerare in maniera quasi spensierata o fanciullesca, tanto “è solo uno spin off”.
Conclusioni
Per concludere, senza fare spoiler, questo nuovo capitolo della fortunata saga di F&F vuole esplorare nuove strade, rispetto a quelle battute fino ad adesso, non facendo mai pentire di aver speso 8/9 euro per una sera. Tenendo comunque presente che ci si troverà a seguire un film figlio dei tempi, dei temi e degli effetti speciali d’oggi.
Per i cultori della serie, non aspettatevi gare tra macchine tra le strade degli Stati Uniti o casseforti trascinate per le vie di Rio. Sappiate che ritroverete un prodotto con una genetica di riferimento chiara che però ha accelerato su una conversione (o muta, riprendendo la metafora del serpente) percepita come necessaria dalla produzione onde evitare di perdere quella garanzia dettata dagli incassi e dalla “fedeltà” dimostrata fino ad adesso. Fedeltà in sala che, ci tengo a ricordarlo, in un’epoca come quella attuale in cui si percepisce, quasi in maniera tangibile, una sterilità e pochezza di idee nella produzione d’oltre oceano in ambito cinematografico, arriva a produrre dieci film (nove della storia principale ed uno spin off), senza far registrare cali vistosi negli incassi, costituendo un dato che deve portare alla maturazione di un oggettivo rispetto, al di là dei gusti personali.
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