Quando si parla di ragazze magiche è praticamente inevitabile che ci balzino alla mente le icone dei cartoni animati degli anni 90′, protagoniste che hanno accompagnato la crescita di diverse generazioni e che continuano ad essere presenti oggigiorno sui nostri schermi. Queste opere di animazione basate principalmente su protagoniste femminili con poteri magici hanno spopolato molto in fretta, al punto tale da riuscire a crearsi uno spazio proprio, finendo per diventare un genere chiamato Mahō shōjo, o più comunemente Majokko, ovvero “ragazza magica”. Ed è proprio qui che Gust entra in gioco con Blue Reflection: Second Light!
Il titolo è il sequel dell’omonimo gioco del 2017 che mette un gruppo di ragazze magiche al centro dell’attenzione in un’avventura a tinte JRPG, cercando di capitalizzare su tematiche che per quanto popolari ancora non hanno trovato un corrispettivo successo nel campo videoludico.
Magia ed emozioni tra i banchi di scuola
Blue Reflection nasce nel 2017 come un vero e proprio esperimento, mirando ad incarnare e a far vivere tutto quello che significa essere una ragazza magica, contrapponendo la vita reale di una liceale giapponese alle fatiche che derivano dalla responsabilità di salvare il mondo. Sebbene il progetto non fu propriamente elogiato dalla critica, pur proponendo qualcosa di nuovo, i fan chiesero a gran voce un seguito spingendo Gust a produrre Blue Reflection: Second Light, ma non solo! Viene prodotta anche una serie animata attualmente completata di 24 puntate chiamata Blue Reflection Ray e un videogioco per dispositivi mobili e PC in arrivo in futuro dal nome Blue Reflection Sun.
Essendosi esteso in quello che può ormai definirsi un franchise, Blue Reflection: Second Light riesce a distinguersi sia come un sequel alle vicende narrate nel primo capitolo videoludico e nell’anime, sia come un punto d’inizio per coloro che non erano neanche a conoscenza della sua esistenza. Le protagoniste, molte delle quali sono apparse negli altri titoli del franchise, si ritrovano catapultate in questo luogo chiamato Oasi e non ricordano quello che è accaduto nei loro corrispettivi episodi. Grazie a questo, le vicende precedenti vengono nuovamente spiegate ma servono principalmente da contorno in quanto il plot risulta totalmente inedito.
Cosa significa davvero essere una ragazza magica
Blue Reflection: Second Light mette il giocatore nei panni di Hoshizaki Ao, una normalissima studentessa intenta a seguire dei corsi scolastici estivi. Molto presto la liceale realizzerà che la sua vita non è poi ordinaria come si aspettava, ritrovandosi improvvisamente trasportata a scuola insieme ad altre ragazze che, a differenza sua, hanno perso completamente la memoria. Cercando di ricordare quell’unico pezzetto mancante dei suoi ricordi, Ao si accorge che il perimetro in cui si ritrova è circondato da un mare infinito, e che l’anello apparso sul suo dito le confornisce dei poteri magici che le permettono di trasformarsi in una Reflector, ovvero una custode dei sentimenti, nonché una ragazza magica.
Insieme all’apparizione di alcune dimensioni formatesi dagli sporadici ricordi delle ragazze che condividono lo stesso destino, il gruppo si ritroverà a collaborare e combattere dei temibili nemici, chiamati demoni, per recuperare la propria memoria e scoprire come tornare alla vita di tutti i giorni. Per quanto banale, la storia riesce sicuramente a tenere col fiato sospeso, fornendo al momento giusto quel pizzico d’informazione necessaria a permettere di teorizzare ulteriormente sull’accaduto sia ai fan che ai neofiti della serie. Alcuni dialoghi, sebbene a tratti pedanti o comunque molto lunghi, forniscono spessore all’intera vicenda o alle protagoniste singolarmente. Inoltre, è giusto puntualizzare che questo tipo di narrazione è intrinseca nello stereotipo perpetuato da sempre dal genere videoludico a cui si fa capo.
Il punto di forza di Blue Reflection: Second Light è sicuramente il gruppo di protagoniste che si espande continuamente nel corso dell’avventura. Riuscendo a recuperare i loro ricordi, ci si ritroverà a scoprire questi personaggi e i loro intrecci, arrivando a toccare tematiche davvero profonde con una delicatezza disarmante. Ripercorrendo un po’ quelli che sono i problemi di un adolescente che va incontro alla crescita, rimarcando l’importanza e la potenza dei sentimenti e delle emozioni, passando dal bullismo fino alla rappresentazione di una vera e propria storia d’amore LGBT+, Blue Reflection: Second Light dimostra che è pronto a fare un passo avanti e raccontare la propria profondità senza abbandonare la sua leggerezza.
Differentemente dal suo predecessore, questo nuovo capitolo, pur trattenendo le caratteristiche che lo contraddistinguono, è sicuramente più occidentalizzato. Difatti, il tema delle ragazze magiche che è sempre stato centrico nella sua narrazione è quasi messo in secondo piano per favorire una trama che riesca a coinvolgere anche i non fan del genere. Al contempo, però, questa decisione potrebbe essere stata adottata per assecondare l’inevitabile evoluzione naturale del franchise.
Rinforzati, costruisci, affezionati
Blue Reflection: Second Light si presenta come un JRPG con una base tradizionale e adotta, a differenza del suo predecessore, un sistema di livellamento dei personaggi classico del genere basato sull’esperienza guadagnata. Al contempo, però, non ha paura di accingere a diversi generi nel cercare di crearsi una propria identità, proponendo un’esperienza coesiva che unisce le varie meccaniche di gioco tra di loro con quelle della sua storia in maniera molto dilettevole ed efficace. Essendo un sequel, il gioco propone molti elementi del suo predecessore in maniera totalmente rielaborata o quantomeno migliorata.
La scuola, che rappresenta la base delle protagoniste, risulta centrica nel riuscire a creare un effetto concatenante tra i vari sistemi di gioco principali. Sin dai primi minuti, infatti, sarà possibile creare diversi tipi di oggetti utilizzabili sia in battaglia o mandatori per costruire delle vere e proprie infrastrutture piazzabili a seconda della propria preferenza all’interno del perimetro della scuola, dando come una illusione di giocare ad un City Building. Queste strutture non solo avranno a loro volta dei potenziamenti passivi sul gruppo, ma funzioneranno come luoghi di appuntamento dove Ao potrà passare del tempo insieme al cast per conoscerlo al meglio.
Quest’attività che ha tutta l’aria di strizzare l’occhio ad un Dating Sim, anche se non si parla di vere e proprie romance, si incastra perfettamente con la parte JRPG, in quanto, permettendo ad Ao di legare con le sue compagne, che sia come appuntamento o il completamento delle loro richieste personali, si riceveranno dei punti da poter sfruttare per sbloccare e potenziare i talenti disponibili per ognuna, necessari per imparare abilità sia attive che passive da poter sfruttare in battaglia o per potenziare il crafting.
Una trasformazione al giorno toglie i demoni di torno
Il sistema di combattimento, pur trattenendo una formula di base a turni, riesce a risultare frenetico e veloce, in quanto l’unico momento di pausa viene scandito dalla selezione dell’azione, mentre il tenore della battaglia e le animazioni si svolgono in contemporanea a quelle del nemico. Con 3 Reflector sul campo e una di supporto non c’è davvero un momento di pace, in quanto riuscire a tenere il ritmo del combattimento e adattare la propria tattica a seconda della situazione è di vitale importanza per uscirne vincitori. I turni, cadenzati da punti chiamati ether, possono essere accumulati per scagliare diverse abilità contemporaneamente o sceglierne altre ad alto consumo ma corrispondentemente più forti.
Con il procedere della battaglia ed eseguendo attacchi a raffica il contatore delle combo aumenterà, finendo per causare danni devastanti anche con attacchi relativamente deboli. Ma non è finita qui: raggiunto un certo numero di esecuzioni, le ragazze diranno addio alla propria divisa scolastica per entrare nella loro forma Reflector, dando via ad una vera e propria sequenza di trasformazione in pieno stile ragazza magica. A condire il tutto con un tocco finale di epicità vi sono le battaglie contro i Boss, dove le protagoniste durante lo scontro si ritroveranno eventualmente ad affrontare i propri nemici in cinematografici scontri chiamati 1v1. Durante questi, ogni pulsante corrisponderà ad un azione che varia dal colpo base alla schivata, rendendo essenziale il tempismo, finendo nel poter sferrare dei lunghi e potenti attacchi finali qualora si sarà riusciti a trattenere la combo senza farsi colpire dal nemico.
Insomma, il sistema di combattimento riesce a dare quel brio per diversificare e al contempo rendere più dinamico il più statico dei sistemi di combattimenti del genere. Se c’è una nota negativa di una battaglia così esaltata è indubbiamente la telecamera, che sembra fare fatica a restare dietro a tutte le azioni che si svolgono contemporaneamente sul campo di battaglia cercando costantemente di fare focus sull’ultima azione selezionata. Questa dinamicità delle inquadrature risulta alle volte molto confusionaria anche per il giocatore che si ritroverà a dover restare con gli occhi incollati sui punti vita delle protagoniste per avere le informazioni necessarie per proseguire la battaglia, piuttosto che godersi le animazioni dell’azione appena selezionata.
Un netto miglioramento vi è anche nell’esplorazione, elemento quasi inesistente nel suo predecessore. I dungeon, chiamati Heartscape dalle protagoniste stesse, non sono altro che la manifestazione fisica adattata dei ricordi che vengono recuperati durante il corso della storia. Queste mappe, accessibili singolarmente dalla scuola, non solo sono più grandi di quelle a cui eravamo abituati nel capitolo precedente, ma anche pieni di oggetti per il crafting, di cui molti recuperabili attraverso percorsi alternativi scanditi da interazioni che abbelliscono e rendono ogni dungeon un’esperienza singolare. Ad arricchire il design di queste mappe cariche di metafore, che sono in grado di lasciare senza fiato per la loro bellezza artistica, vi sono anche dei nemici speciali contornati da un’aura spettrale. Questi, solitamente a guardia di oggetti preziosi, lasciano al giocatore la scelta di cimentarsi in battaglie decisamente più avvincenti.
Ad accompagnare questi componenti vi è anche una modalità stealth che permette ad Ao di abbassarsi e visualizzare il range di azione del nemico, in modo da poterlo aggirare e prenderlo di soppiatto iniziando la battaglia con un vantaggio strategico. Purtroppo però, la volontà di voler inserire elementi aggiuntivi non sempre ripaga: tra una scelta di design dell’animazione discutibile e la visualizzazione del range non propriamente precisa, a volte risulta frustrante cercare di sfruttare questo sistema. Non aiutano alcune missioni concentrate su questa feature dove sarà obbligatorio non farsi scoprire dai nemici sulla mappa per procedere nella storia. Anche se alcuni elementi sono indubbiamente abbozzati, che si prenda in esame il primo gioco della serie o meno, il miglioramento e l’impegno è evidente e finisce per offrire un’esperienza nel totale gratificante e convincente.
Riflettendo di una luce propria
Una cosa è certa: Blue Reflection: Second Light, così come tutti i titoli del franchise, non è per tutti, anzi. D’altro canto però, è anche vero che attualmente non ci sono altri titoli capaci di offrire la stessa esperienza e le stesse tematiche, motivo per cui coloro che ne sono investiti, o quantomeno interessati, riusciranno a trovare al suo interno tutto quello che ci si aspetta dall’ennesimo tentativo di Gust di spingere le proprie ragazze magiche. Un videogioco unico, con un comparto audio che riesce tranquillamente a spalleggiare la bellezza uditiva per cui è conosciuto il suo predecessore, soprattutto quando propone alcuni brani riarrangiati emozionando i giocatori più fedeli. Ed è parte proprio grazie a quelle note che il gioco riesce ad appagare quel senso di conforto che ci si aspetta e si può percepire sin dal primo avvio.
A controbilanciare la bellezza dello stile è doveroso far notare che alcune texture poligonali sono di bassa renderizzazione, ma riuscendo a chiudere un occhio, apprezzando il comparto artistico nel complesso, finisce per risultare quasi impercettibile, specialmente durante i filmati dove il doppiaggio è così convincente da completare l’esperienza immersiva. Offrendo diverse ore di svago, ampliate dalla “Photo Mode”, che fornisce una serie di opzioni, tra cui filtri e posizioni permettendo di sbizzarrirsi nel fotografare le protagoniste come ci pare, fino allo sblocco di veri e propri contenuti di gameplay come difficoltà aggiuntive una volta finito il gioco, e il New Game Plus con tanto di eventi aggiuntivi per cercare di ottenere il vero finale; le ragazze magiche riescono ad accontentare anche i giocatori più incalliti e affamati di JRPG con tanto di Slice of Life.
Grazie a delle inquadrature di telecamera in pieno stile anime, che vanno ad incrementare la drammaticità delle scene in maniera complementare allo stile artistico di Mel Kishida, ovvero il disegnatore dei character design, Blue Reflection: Second Light finisce per confermare che per le ragazze magiche c’è e ci sarà sempre posto.
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