Attrice principale della ripartenza dylandoghiana iniziata qualche mese fa, Barbara Baraldi confeziona una storia citazionistica, attuale, horrorifica, inquietante, classicistica per l’ultimo mensile in edicola.
Wayne è soltanto un mitomane in cerca di visibilità o è un pazzo pericoloso? Nell’intento di sciogliere questo dubbio cruciale, Dylan Dog inizia a indagare su di lui, cercando di scoprire perché Wayne non perda occasione per ribadire ossessivamente l’idea di essere l’unico ad accorgersi di creature mostruose che si aggirano come niente fosse tra gli esseri umani.
Anche senza aver letto “L’Horror Club” ad inizio albo (esiste qualche matto che se lo perde?), è subito chiaro il riferimento, o almeno uno dei tanti, a cui è ispirato l’albo: L’invasione degli ultracorpi, film del 1956 diretto da Don Siegel, il cui soggetto è tratto dall’omonimo romanzo di fantascienza di Jack Finney del 1955. Il film, girato a basso costo e in bianco e nero, è in seguito divenuto un film cult ed è ricordato come uno dei più celebri film di fantascienza degli anni cinquanta e citato come uno dei capolavori del cinema fantascientifico.
L’invasione silenziosa ricalca in parte la pellicola, anche se è di un’attualità disarmante. Wayne, il mitomane che tiene in ostaggio un intero studio radio, è tutto furchè un mitomane. Dylan capirà a sue spese che attorno a sè ci sono davvero dei mostri: persone che si sono arrese al conformismo, alla solitudine, all’indifferenza. Persone che hanno perso la loro umanità diventando, per l’appunto, dei mostri.
In una intervista recente, prima del rilancio di Dylan Dog, Barbara Baraldi aveva messo in chiaro una cosa: le storie scritte da lei per questa nuova fase sarebbero state quanto di più vicino all’universo ed al modo di scrivere di Sclavi. Questa storia, per argomenti trattati, sensibilità ed intensità ricorda tanto quelle che hanno reso celebre il personaggio.
Ho amato tanto la scrittura quante le atmosfere create da Davide Furnò. L’intensità , i chiaroscuri, le sfumature, regalano all’albo quell’atmosfera giusta. Interessantissima la soluzione grafica utilizzata per occultare il viso dei mostri.
In ultimo, mi piace pensare che il soggetto in primo piano a pag. 24 (1-2) sia Rania che va definitivamente e metaforicamente via da Scotland Yard e, più in generale, dall’universo narrativo di Dylan Dog.
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