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La legge di Lidia Poët: la recensione della nuova serie Netflix sulla battaglia della prima donna avvocato

È stata oggi rilasciata la nuova serie Netflix che racconta la storia della prima avvocata italiana, Lidia Poët, che per poter esercitare la sua professione si ritrovò a combattere con le ingiustizie e discriminazioni dettate dalla disparità di genere, in un’epoca in cui il sessismo, e in particolare il fallocentrismo, era all’ordine del giorno.

Di seguito la recensione in anteprima.

Siamo negli anni 80 dell’800, a Torino, Lidia è una giovane donna che si è laureata in giurisprudenza dopo aver discusso una tesi sulla condizione femminile nella società e sul diritto di voto per le donne, dimostrando così il suo profondo interesse per la parità di genere, per poi superare l’esame di Stato di avvocatura con ottimi voti ed iscriversi all’Albo professionale.
Anni e anni di studi, impegno e sacrifici che vengono spazzati via in un attimo quando il procuratore generale dichiara la cancellazione di Lidia Poët dall’albo… in quanto donna.
Questa la motivazione, nient’altro.

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Lidia, derisa e sminuita per i suoi ideali progressisti, vede il suo futuro sfumare e il suo passato ormai sprecato, un passato trascorso su pile di libri a imparare lo stesso mestiere che a suo fratello è stato concesso di esercitare, elogiato e stimolato da una società in cui i soli a potersi realizzare, professionalmente e di conseguenza umanamente, sono solo gli uomini e alle donne non resta che diventar mogli di questi uomini.

“L’avvocatura è un ufficio nel quale le femmine non devono immischiarsi, sarebbe disdicevole e brutto vedere le donne accalorarsi in discussioni oltre ai limiti che il sesso più gentile si conviene di osservare.”

Un passato quasi distopico

La serie La Legge di Poët ripercorre dunque la dura ingiustizia di cui la Dott.ssa Poët, e non solo, fu vittima, in una società ed epoca in cui le donne non vengono considerate adatte a determinate professioni e funzioni per la loro stessa “costituzione organica“.
Si sosteneva infatti che le donne non potessero lavorare con serenità a causa del proprio ciclo mestruale e che non fosse consona la loro presenza come figure di legge a causa dei propri abiti e acconciature “strane e bizzarre”.

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la legge di Lidia Poët - Netflix

Tale sentenza andava dunque a sostenersi su meri pregiudizi e discriminazioni e non su una vera e propria legislazione, trovando giustificazione da un’assenza di lessico al femminile all’interno della legge, che prevedeva solo ed esclusivamente il termine “avvocato” al maschile, ignorando e non presentando in alcun modo un’inclusione linguistica della donna.
Dunque ciò presupponeva, secondo il procuratore, un’ovvia esclusione di queste, in quanto l’ammissione delle donne agli uffici pubblici doveva essere esplicitamente prevista dalla legge.

L’idea che i diritti degli uomini fossero implicitamente estesi anche alle donne era perciò impensabile.

Guardando la serie e riflettendo sul fatto che tutto ciò fosse reale, che davvero siano esistite discriminazioni di questo tipo alla stregua di un mondo distopico alla The Handmaid’s Tale, non può che suscitare rabbia e incredulità nello spettatore, rendendolo consapevole dei grandi passi in avanti fatti fortunatamente nel corso della storia, grazie soprattutto alle battaglie delle suffragette.

Alla ricerca della parità

Lidia, una donna ostinata, determinata e risoluta, all’epoca definita “ingombrante”, ostacolata da chiunque la circondi, è però decisa più che mai ad ottenere giustizia e far ricorso contro la decisione presa dal procuratore, per poter fare il lavoro a cui ha dedicato se stessa per molto tempo, il lavoro che ama e per cui ha un gran talento oltre che grandi competenze.

Non volendo rinunciare alla sua professione decide dunque di rivolgersi al fratello Enrico, anch’egli avvocato, chiedendogli di poter essere momentaneamente la sua assistente e diventando così un’avvocata sotto copertura.
Lidia assiste gli indagati cercando la verità dietro apparenze e i pregiudizi, trasformandosi quasi in un’investigatrice sulla falsa riga di Sherlock Holmes, a ricordarcelo sono persino le ambientazioni, meno Londinesi e più Torinesi, ma con quello stile Vittoriano tipico dell’epoca.

“Se Dio ti voleva avvocato, non ti faceva donna”

La Legge di Lidia Poët, diretta da Matteo Rovere, si articola in 6 episodi, in stile semi-procedurale, ogni episodio vede infatti Lidia affrontare un caso a sé, seguendo una trama verticale che verso la fine si incastra dignitosamente con la trama orizzontale.

Segreti familiari, amori ostacolati e omicidi misteriosi prendono il sopravvento nella narrazione centrale, lasciando poco spazio a ciò che all’inizio aveva aperto la serie, ovvero l’esigenza di rivendicazione della protagonista di poter essere riammessa all’albo professionale e lavorare onestamente.

 Lidia Poët con Andrea e Jacopo

Lidia si ritrova a dover affrontare un passato nascosto, segnata da un rapporto con il padre non particolarmente roseo, che però non viene approfondito dettagliatamente dalla serie, e a dover scegliere tra due uomini: Andrea e Jacopo.

Andrea è un giovane uomo umile e con la battuta sempre pronta, in cui Lidia vede un amico con cui trascorrere il tempo per divertirsi; Jacopo è invece un misterioso giornalista e cognato di Lidia che le passa informazioni e la guida nei mondi nascosti di una Torino cupa ed enigmatica, per cui Lidia svilupperà più che un affetto.

Il Cast de La Legge di Lidia Poët

A rivestire i panni di Lidia Poët è la bravissima Matilda De Angelis, che con estrema maestria riesce ad interpretare la protagonista facendo arrivare allo spettatore ogni sfaccettatura del suo carattere forte e determinato, apparendo come la donna indipendente e caparbia che ha dimostrato di essere.
Nel cast vediamo anche Eduardo Scarpetta ad interpretare Jacopo Barberis, Dario Aita nei panni di Andrea Caracciolo, Sara Lazzaro come Teresa Barberis, Pier Luigi Pasino come Enrico Poët e molti altri, tutti all’altezza delle interpretazioni.

La Legge di Lidia Poët si presenta dunque come una buona serie italiana, che contiene sin dall’inizio delle ottime premesse, narrando una storia vera con cura e dettagliatamente.
La serie rischia sicuramente di perdersi un po’ negli episodi centrali per poi ritrovarsi verso la fine.
Ci sentiamo dunque di consigliarla anche solo per conoscere una triste realtà che ha riguardato il nostro passato e che in molti ambiti e realtà interessa anche il nostro presente, con la speranza di non ripetere tali errori in futuro e di far sì che si possa vivere in un mondo in cui vengano garantiti gli stessi diritti a tutti.

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La Legge di Poët ripercorre la dura ingiustizia di cui la Dott.ssa Poët fu vittima, in una società ed epoca in cui le donne non vengono considerate adatte a determinate professioni. Lidia, una donna ostinata, determinata e risoluta, all'epoca definita "ingombrante", ostacolata da chiunque la circondi, è però decisa più che mai ad ottenere giustizia. 6 episodi con trama verticale che si intersecano poi in quella orizzontale, tra omicidi, segreti e misteri di famiglia.La legge di Lidia Poët: la recensione della nuova serie Netflix sulla battaglia della prima donna avvocato